Mattias Peri, chef e patron dello “Chalet Matthias”, unico locale stellato di Livigno, è mancato oggi dopo una breve malattia. Lascia l’esempio, la passione, la semplicità e la ferrea volontà di restare profeta in patria. So long, amico.

Mi è appena arrivata una di quelle notizie tanto annunciate da essere attese, ma che non vorresti ricevere mai.
E’ mancato oggi, dopo alcuni mesi di una malattia che non perdona, Mattias Peri, chef e patron dello Chalet Matthias di Livigno, ristorante stellato del “Piccolo Tibet“, in una località che, fino a pochi anni orsono, galleggiava sulla retorica della taragna e dei pizzoccheri prefabbricati.
Mattias, che si è sempre definito autodidatta, aveva costruito la sua carriera pezzo per pezzo, partendo dal basso, fino a realizzare con la moglie Manuela quel piccolo gioiello di sobrietà che è il suo locale, sempre attento al nuovo e mai distratto sul vecchio, costruito sulle solidissime radici – non solo gastronomiche, ma anche etico-filosofiche – della tradizione livignasca, a volte mamma e a volte matrigna per uno che, come lui, voleva volare alto senza abbandonare il paese di montanari dov’era nato e cresciuto. E che quindi gli dava gioie e dolori.
Ma lui non mollava.
Aveva un sacco di idee, Mattias.
Le soppesava in silenzio, le faceva candire senza proclami.
Era prudente, ma pure capace di slanci.
Anche in cucina.
Ricordo, un paio d’anni fa, una memorabile cena comparativa, preparata apposta per me, tra i piatti della gastronomia livignasca (quella vera, non quella per i turisti: i borsat, i chiscioi…) sia nella versione più “ortodossa” delle massaie che in quella rielaborata dalla sua mano e dal suo estro.
Grande serata a parlare di prodotti, di ricette trasmesse e interpretate, di vini, di una Livigno che non c’è più, di una che c’è e di un’altra che c’è ancora ma non si vede.
Ho pure dormito nelle sue stanze belle e confortevoli al piano di sopra.
Nulla, allora, faceva pensare che l’avventura del montanaro Mattias sarebbe finita così. E così assurdamente presto.
Che la neve della Val Federia ti sia lieve.
E un abbraccio a Manuela.