Agli “Stati Generali dell’Informazione Precaria”, tenutisi ieri a Firenze, il presidente dell’Fnsi, Giovanni Rossi, spiega i termini dello stallo: tempi dell’accordo (“o si decide entro il 28/2 o deciderà il governo”) e applicabilità della norma ai freelance.
Di solito non concordo con quasi nulla di ciò che fa e dichiara l’Fnsi, sedicente sindacato unitario dei giornalisti. Ma trovo spesso intelligente, anche se non sempre condivisibile, quello che dice il suo presidente, Giovanni Rossi. Uomo scaltro, esperto e dotato di buon senso.
Ieri, ad esempio, durante il suo intervento alla riunione fiorentina degli “Stati Generali dell’Informazione Precaria” (cui presto dedicherò un post ad hoc), Rossi non ha certamente rinunciato al ruolo istituzionale di difensore a priori dell’operato federale. Ma ha avuto anche la sensibilità, e l’astuzia, di capire che in quella circostanza nemmeno poteva del tutto sottrarsi alle domande di una piazza che chiedeva in modo esplicito lumi e aggiornamenti sulla trattativa per l’equo compenso in corso a Roma in questi giorni. Trattativa che, come tutti sanno, sta attraversando una fase delicatissima. E che riprenderà nel pomeriggio di lunedì 13/1.
Sull’argomento la tensione e i malumori della base sono infatti massimi, frutto sia delle elevate e non sempre realistiche aspettative sollevate da una lettura troppo semplicistica della legge, sia di una complessità della materia che certo non ne favorisce la comprensione tecnica, sia infine della forte resistenza (resa necessaria, a loro dire, da ragioni di discrezione in vista del buon fine dei colloqui) da parte dei membri della commissione di “parte” giornalistica, cioè OdG, Fnsi e Inpgi, a fare chiarezza sullo stato dell’arte.
Fattostà che ieri Rossi non poteva schivare gli interrogativi dei colleghi. E infatti ha parlato.
“Giovedì scorso in commissione si è sfiorata la rottura“, ha detto”, perchè da un lato il sottosegretario Legnini, sollecitato dall’Ordine, insisteva per imporre alle parti, per l’accordo, la scadenza tassativa del 28/2, minacciando che dopo tale data la decisione sarebbe passata nelle mani del ministero, cosa però da un punto di vista sindacale inaccettabile. Dall’altro lato, invece, tanto noi quanto l’OdG eravamo fermi nel rigettare l’interpretazione, espressa mesi fa dalla relazione interpretativa affidata all’ex ministro Tiziano Treu e che Legnini, in ciò in sintonia con la Fieg, aveva fatto propria, secondo la quale la normativa sull’equo compenso sarebbe applicabile solo ai titolari di un contratto di cococo, essendone i liberi professionisti esclusi a causa delle norme del codice civile che, per queste figure, prevedono esclusivamente la libera trattativa tra i contraenti. Per l’Fnsi invece – ha continuato Rossi – gli effetti della legge 233/2012 dovevano e devono ricadere su tutti i giornalisti non titolari di un rapporto di lavoro dipendente. Dopo una lunga discussione si è alla fine ottenuto di approntare una bozza di delibera, sulla quale discuteremo tecnicamente lunedì, in cui anche la libera professione giornalistica è soggetta alle norme sull’equo compenso, purchè con riferimento ad indirizzi messi a punto dall’ordinamento della categoria (cioè dall’OdG, ndr)”.
Equilibrismi politico/dialettici a parte, un discorso abbastanza chiaro e, speriamo, fedele ai fatti.
Nessun accenno però, da parte di Rossi, alle insistenti voci di un Legnini indispettito verso l’Fnsi per le diverse proposte giunte sul suo tavolo da parte di quel medesimo soggetto sindacale (vedi la proposta Clan), che rendevano meno granitica del necessario l’intesa Federazione/Ordine, e forte sottolineatura, invece, dell’importanza di aver condotto gli editori a riconoscere, attraverso l’accettazione della bozza di delibera di cui sopra, l’applicabilità dell’equo compenso ai freelance.
“Se questo punto non verrà rimesso in discussione – ha concluso – la battaglia si sposterà sui tempi per la decisione definitiva. Ferma restando la volontà di Legnini di chiudere entro il 28/2 o di avocare al ministero la decisione, è probabile che alla fine ciò che accadrà sarà proprio questo“.
Il che, tradotto, significa che il governo potrebbe fare marcia indietro sull’idea di applicabilità allargata e accogliere in toto le teorie dello studio Treu, sancendo l’equo compenso per i cococo e escludendone, nel tripudio della Fieg, i liberi professionisti.
Non posso però tacere, per completezza d’informazione, che sulla vicenda si intrecciano anche altre, più maliziose opinioni.
La prima è che il sottosegretario abbia da tempo deciso di adottare il formalizzando lodo Treu e che, tatticamente, attenda solo che finisca il tempo concesso alle parti per trovare un accordo politicamente impossibile.
La seconda è che a ciò aspiri, in fondo, anche l’Fnsi, allo scopo di tenere per sè, e di portarlo sul tavolo delle trattative per il rinnovo contrattuale con la Fieg, il nodo della libera professione (nodo pesante anche in termini di fidelizzazione sindacale dei diretti interessati).
La terza è che sempre in Fnsi l’aria sia pesante a causa dell’evidente, sebbene sottaciuta, difformità di vedute, a proposito di equo compenso, tra la giunta e la Clan (da cui le diverse proposte giunte in mano a Legnini).
Su un tale groviglio si innestano poi le diverse interpretazioni della nozione di equo compenso: da quella (mia) di un minimo unico garantito e inderogabile, relativamente elevato ed uguale per tutti, ovvero un compenso di garanzia e di quasi esclusivo significato simbolico, a difesa della dignità della professione, a quella di un vero e proprio tariffario che di fatto riesumerebbe (in pejus, nella versione OdG/Fnsi, a giudicare dalle sciagurate proposte fin qui compilate) le tabelle abolite nel 2007.
A tale riguardo, l’eufemismo più bello sentito in questi giorni per aggirare la poco gradita locuzione “tariffario”, ribadendone tuttavia il concetto sostanziale, è la seguente: “modulazione di tariffe“.
Evviva…