Si tratta di una provocazione, è ovvio. Ma fino a un certo punto: visto che ne passerà di tempo, prima che il neogoverno affronti la questione, e mentre nel frattempo il dibattito sui “parametri” infuria, perchè non parlarne collegialmente? Mi offro per fare una delle “ombre”.

Gli appelli sono diventati così insistenti e così vani da risultare patetici. Il governo vecchio e quello nuovo hanno altro a cui pensare. Insomma, prima che la commissione per l’equo compenso venga convocata (il che poi non significa raggiungere subito l’accordo, anzi…), ne passerà di tempo.
Intanto, però, tra gli addetti ai lavori il dibattito infuria: in base a cosa va stabilito, secondo quali criteri e parametri va fissata la soglia dell’equo compenso del lavoro giornalistico?
Le scuole di pensiero sono varie. C’è chi da un lato ne vagheggia un’equiparazione, a mio giudizio piuttosto ideologica e impraticabile, con il lavoro dipendente (allora dove starebbe la differenza?), chi da un altro ne suggerisce invece una misura minima inderogabile, dettata dalla “decenza”, sopra la quale lasciare libera la contrattazione tra le parti. Nel mezzo stanno altre ipotesi, alcune frutto di pensieri ragionevoli, altre di congetture in libertà.
Ma il fatto è che, siccome dovremo aspettare molto prima che l’argomento venga concretamente affrontato nella sua sede istituzionale, cioè la famigerata commissione multilaterale, e che nell’ambito di questa anche le molteplici anime di “parte” giornalistica (OdG, Fnsi, Inpgi) dovranno cercare una composizione, perchè non approfittarne per approfondire bene, dialetticamente e da subito, il tema? Arrivando perfino ad affidare a qualcuno dei “nostri” il ruolo di avvocato del diavolo, cioè di immaginaria controparte, in modo da sviscerare bene i pro e i contro di ogni argomento e di ogni ipotesi?
Insomma, quello che suggerisco è di creare una commissione-ombra, estesa a tutte le voci in capitolo, e all’interno della quale lasciare che si sviluppi il dibattito sull’equo compenso finora affidato a tante campane, sorde e tutte scollegate tra loro: commissione lavoro autonomo, Ordine, coordinamenti vari, cani sciolti, gruppi e sottogruppi, assostampa regionali. Con un paio di colleghi incaricati di mettersi i panni della controparte e di provare a “pensare” come gli editori, prevenendone argomenti, perplessità, controproposte.
Oltre che un giochino divertente, credo potrebbe essere un esercizio anche parecchio utile.
Che ne pensate?
Io comincio a lavorarci. Anzi, ho già cominciato.