Il cantautore, 77 anni, è morto questa sera dopo una lunga malattia. Nato jazzista e cresciuto dissacratore, ha percorso trasversalmente la canzone d’autore italiana, ritagliandosi uno spazio tra i grandi. E ora vediamo l’effetto che fa.

Era un artista con l’hobby della cardiologia, anche se si era specializzato con Barnard, il pioniere dei trapianti. Oppure no, chissà. Il suo “Vengo anch’io no tu no” era diventato un tormentone come l'”Ottima direi, è cera Grey” dei Carosello di Franco e Ciccio.
Solca gli anni ’50 e poi entra nei ’60, gli anni del boom, gli anni del cabaret, gli anni di Gaber, gli anni del Derby e di Cochi e Renato. Diplomato al conservatorio, aveva esordito come jazzista ma poi i palcoscenici li aveva battuti tutti, dal rock and roll al teatro, dalla tv alla canzone satirica, da Sanremo a Canzonissima, fino al cinema e alla tv commerciale. Tutto sempre inframmezzato alla professione medica e agli orientamenti mai militanti.
Difficile da inquadrare musicalmente per la sua vena eclettica di uomo di spettacolo, sapeva unire l’ironia all’amarezza, la melodia allo sberleffo. Forse per questo ha avuto una carriera carsica, fatta di folgoranti successi di critica ma anche di lunghe eclissi di pubblico e dal pubblico.
Ora cominciano anche per lui le celebrazioni. Magari le beatificazioni. E gli toccherà pure vedere, di nascosto, l’effetto che fa.