Se tanti navigati professionisti sconsigliano di abbracciare certe carriere, un motivo ci sarà. Anzi, c’è: non la paura della concorrenza, nè l’età che induce al pessimismo, ma solo una visione molto chiara delle cose.
Tempo addietro scrissi un cliccatissimo post: “Perché i giovani giornalisti non devono credere che il pessimismo dei più esperti sia un tentativo di stornarli dalla professione” (qui).
Ne nacque, qui e altrove, un serrato dibattito che poi, nel tempo, si è purtroppo diluito in altri e non sempre coerenti argomenti. Finendo per insabbiarsi in un inutile e noiosissimo contraddittorio “vecchi contro giovani“, secondo abusate argomentazioni in base alle quali, per dirla brutalmente, i primi dovrebbero (onestamente non si capisce bene nel nome di che cosa, se non per raggiunti limiti di età) “lasciare spazio” ai secondi, come se vivessero d’aria. Cosa che spesso i secondi medesimi si rifiutano però di fare anche se ce ne sarebbero tutte le condizioni.
Ma lasciamo perdere.
Quel post torna ciclicamente d’attualità.
L’ultima volta qualche settimana fa, quando l’Ansa ha pubblicato (qui) la lettera aperta di un’archeologa quarantenne. Che dice: “Il mio mestiere è bellissimo. Ma oggi a un diplomato direi di scegliere altro”.
Segue una lunga geremiade che ripercorre quindici anni di frustrazioni, sogni infranti, occasioni sprecate, tempo perduto a inseguirle, gli amici che se ne vanno, la famiglia in difficoltà, la crisi irreversibile di un sistema che, ormai, ti impedisce di fare quello che volevi fosse il tuo lavoro. Alla fine, l’amara (e tardiva) conclusione: “Non ho più l’età. Ormai sogno un qualsiasi impiego mi dia un’entrata mensile. Anche in tutt’altro campo“.
In Italia ci sono 45mila archeologi, tutti ovviamente laureati, e quasi nessuno batte chiodo. Ci sono pure 135mila giornalisti (dei quali il 70% “autonomi“, cioè non assunti) cioè il triplo degli archeologi, alcuni con la terza media, molti con un hobby scambiato per lavoro, la professionalità che può avere un hobbista e soprattutto nessuna, come i fatti dimostrano, possibilità di camparne.
Infatti anche il nostro mestiere di freelance era bellissimo. Ora invece è solo un magnifico passatempo.
Presto destinato ad essere studiato, ironia della sorte, proprio dagli archeologi come roba del tempo che fu.
Quindi ricominciamo a guardare avanti e a parlare di un lavoro serio.