E’ il momento del Palio dell’Assunta. In un colpo, le patetiche polemiche da ombrellone (qui) vengono spazzate via e a fare pulizia torna, come un’onda anomala, la potenza della passione contradaiola. Ci sono mille cose da capire (qui) e da spiegare (qui), ma al di sopra di tutto resta questa metafora guerresca che si combatte in un minuto, si organizza in quattro giorni e si aspetta tutto l’anno. Perchè la carriera non è sport nè folklore, non ci sono fair play nè (per fortuna!) regole politicamente corrette, solo la ferocia della competizione e dell’orgoglio contenuta nel solco delle norme tracciate dalla tradizione e, con essa, evolutasi.

C’è qualcosa di stranamente, irresistibilmente futurista nel Palio di Siena e nella senesità. Forse la sensazione di essere comunque all’avanguardia, nonostante la consapevolezza della profondità abissale e insdradicabile delle proprie radici. Forse il nemmeno troppo sommesso, insopprimibile senso del dileggio verso oppositori e critici, sintomo di sicurezza in sè e, al tempo stesso, di silenziosa ricettività alle ragioni del mondo esterno. Molteplici piani di comprensione. Il Palio per i neofiti e quello per gli iniziati, la fisicità e i risvolti misterici, il senso di un’aristocrazia diffusa e di una tradizione sì popolare, ma non estensibile. Anzi. Il vanto di un medioevo paliesco che non c’è, la surroga ludica del perduto potere, la matrice borghese di una festa e di una città che, come dice qualcuno, non ha mai conosciuto realmente gli effetti della rivoluzione francese.
Ce ne sarebbe da scrivere e da elucubrare sul Palio di Siena.
Ma io non lo farò. Non per il timore di attirarmi critiche e ostilità. Nè per volontà di ricondurre la Festa senese nel riduttivo alveo delle celebrazioni giovenaliane alla panem et circenses, sebbene non siano in pochi (e con qualche ragione) a sostenere che il Palio sia l’oppio d’intrattenimento dei senesi laddove il potere del “babbo Monte” (dei Paschi) sia quello economico/finanziario. Sorvolerò su certe spericolate convergenze tra potere politico e potere contradaiolo, sul contraddittorio rapporto tra Palio e industria turistica, sulla retorica da “incarto del panforte” che ammanta buona parte della propaganda e sul “sistema” che, con la scusa paliesca, contribuisce da sempre a nutrire clientele, sottocategorie, greppie, alleanze, ipocrisie, strumentalizzazioni di ogni sorta.
Perchè il Palio è anche tutto questo ma soprattutto è oltre tutto questo. Il Palio è il Palio. La livella sotto il cui giogo ogni cosa si allinea: fato, fortuna, abilità, scaltrezza, potenza, potere, denaro, forza fisica e non, spregiudicatezza, malizia, coraggio, onore.
Non date retta alla Tv: il Palio è un’altra cosa. Molto meglio di quella che si vede sullo schermo. Anzi: una cosa diversa. Il resto sono solo chiacchiere.