Si è conclusa ieri la seconda edizione della kermesse fiorentina ideata da James Suckling e destinata al “lusso” del vino. Un evento-vetrina più mondano che vinicolo, forse. Ma che evidentemente funziona, come ha detto chi c’era.
Fare i conti in tasca alla gente non è mai bello.
Ma io sono un giornalista e qualcuno il lavoro sporco lo dovrà pur sbrigare.
Così sabato pomeriggio, mentre col bicchiere in mano mi aggiravo per i sontuosi saloni della fiorentina Villa Cora, sede dell’edizione 2012 della sucklighiana Divino Tuscany, per il cosiddetto Gran Tasting, invece di pormi la rituale domanda di Bruce Chatwin “Ma io che ci faccio qui?” (visto che i vini erano tutti ottimi, ma già li conoscevo a memoria, e che non essendo stato presente non potevo commentare gli eventi mondani) ho pensato di porne io una, analoga, ai presenti: “Ma voi che ci fate qui?”.
La risposta è stata quanto mai democratica.
Nel senso che per una volta ha messo tutti sullo stesso piano: produttori e partecipanti.
Perché se i primi erano lì, evidentemente, per far assaggiare i loro vini a una cerchia di gaudenti internazionali in un’operazione – hanno giustamente specificato – più di pura immagine che strettamente commerciale, anche i secondi erano lì per fare qualcosa di uguale e contrario che si potrebbe definire, perdonate la banalità, turismo vinicolo: cioè passare qualche giornata in una delle più belle città del mondo, cenare in palazzi gentilizi con menu curati da chef famosi, sbevazzare vini blasonati in un contesto lussuoso, seppur con quel minimo di comodo sbraco, da taluni definito eclettismo stilistico, usualmente concesso alle cose che sanno di “americans”.
Il tutto a pagamento, va da sé.
Ciò che, se ci pensate, è di per sé singolare. Di solito qualcuno paga per aver l’opportunità di far degustare gratis qualcosa a qualcun altro. O paga per degustare qualcosa per la quale chi fa degustare è lì gratis.
La bontà della formula inventata dal guru del vino James Suckling per mettere a frutto la vasta rete di conoscenze su e per il vino toscano messa in piedi in anni di militanza come referente della rivista Wine Spectator sta, in fondo, qui: tutti pagano. E sono contenti di farlo.
Ecco il primo aspetto della democraticità delle risposte, sempre molto disincantate, che ho avuto alla mia domanda.
Il secondo, però, è ancora più interessante: alla fine, infatti, “esserci” è costato a produttori e partecipanti più o meno la stessa cifra.
Per i produttori, il conto è elementare: la fiche di ingresso è uguale per tutti ed è di 10mila euro. Non pochi, ma tra quelli che ho sentito nessuno mi ha detto esplicitamente che fossero troppi o che il gioco non valesse la candela. Soddisfazione generalizzata per l’effetto “vetrina” ottenuto.
Per gli utenti il calcolo è invece un po’ più complicato ed induttivo.
La quota di partecipazione alla kermesse era di 1.900 euro a persona per l’intero pacchetto. Che, mi risulta, è stato quello acquistato dal 95% dei partecipanti. Considerato il target decisamente alto (almeno in termini di reddito) dei medesimi, gli standard a cui gli stessi sono pertanto avvezzi in termini di vitto, alloggio e shopping, la durata della manifestazione e la necessità, dettata dai paesi di provenienza (Usa, ma anche Russia e Far East) di fare voli intercontinentali per raggiungere Firenze, mi pare ragionevole pensare che a ognuno essere presente a Divino Tuscany 2012 sia costato i soliti 10mila euro di cui sopra. E li hanno spesi volentieri. Almeno così dicono.
E dunque tutti vissero felici e contenti. In particolare, James Suckling.
Al quale rivolgo però un ultimo interrogativo che ho sentito ronzare, come una mosca fastidiosa, tra gli stucchi dei saloni. Gli aderenti della prima ora al suo progetto hanno dato un contributo decisivo al successo dello stesso, accollandosene anche i non bazzecolari costi e rischi legati all’incognita dell’esordio. Se ora nuovi produttori vorranno, come è probabile visto che la manifestazione funziona, salire sul carro e mettersi in vetrina per il 2013, non dovrebbero versare una quota maggiorata, per ripagare i primi dell'”avviamento” che hanno contribuito a creare?
I bicchieri hanno appena finito di tintinnare e già bisogna tornare a pensare al tintinnio dei soldi…