Lucio Battisti diceva che, per lui, dieci ragazze potevano bastare. A me potrebbero bastare altri dieci falsi e confessi colleghi per chiedere di cancellarmi dall’Albo visto che, come pare, chiunque può dichiararsi giornalista senza esserlo.
Lucio Battisti diceva che, per lui, dieci ragazze potevano bastare.
A me potrebbero bastare altri dieci falsi e confessi colleghi per chiedere di essere cancellato dall’Ordine dei giornalisti e dal relativo albo visto che, a quanto sembra, essere titolari di una qualifica professionale e della relativa abilitazione non serve più a nulla e chiunque può impunemente dichiararsi per ciò che non è.
Intendiamoci: non è una semplice questione formale, della quale si potrebbe saggiamente sbattersi considerando la millantazione con gli amici come un’umana e perdonabile debolezza.
Qui, invece, si tratta di gente che su articoli, biglietti da visita, colophon delle pubblicazioni, cv e perfino pubbliche affissioni che chiunque può vedere sui muri si dichiara o si fa dichiarare “giornalista”.
Mi chiedo in quale altro sistema o professione ciò sarebbe accettabile. Soprattutto se, il sedicente, la professione, sebbene abusivamente, la esercita davvero. In modo non diverso, cioè, dai finti chirurghi, finti dentisti, finti geometri, finti commercialisti, finti avvocati e dai danni – giustamente perseguiti dalla legge – che essi provocano. Con l’aggravante differenza che mentre il finto ingegnere reca un danno solo a singoli malcapitati clienti, un finto giornalista che scrive sciocchezze o marchette il danno lo provoca a tutti i lettori. E, quindi, alla credibilità della categoria e all’intera collettività.
Da alcuni mesi prendo nota dei falsi colleghi individuati qua e là.
Non ho bisogno di fare nessuna indagine: si fanno scoprire da soli nei modi detti sopra, coram populo. Nella sola Toscana ne ho registrati una ventina, nell’Italia intera almeno cinquanta. Di questi, dieci nel solo mese di ottobre. L’ultimo poco fa, sull’annuncio su FB di un evento che si prannuncia coordinato da un “giornalista” (nero su bianco) che tale non è (basta andare a vedere sull’albo on line).
Già sento il refrain: e l’Ordine che fa? E tu perchè non denunci?
Io posso pure denunciare (qualche volta l’ho fatto, anche se chi mi conosce sa bene che non ho voglia, nè tantomento vocazione per fare il delatore), ma la magistratura ha (giustamente) ben altro da fare che perseguire simili illeciti, sia che le vengano segnalati dal sottoscritto che dall’Odg al quale, prima, potrei aver a mia volta denunciato. OdG che a sua volta, siamo realistici, non può certo trasformarsi in detective alla ricerca delle migliaia di abusivi circolanti in un paese in cui, con ogni evidenza, il fenomeno è scappato di mano.
Allora faccio una proposta: perchè l’Ordine, una volta venuto a sapere o informato da chicchessia del conclamato abuso di titolo professionale da parte di Tizio e Caio e verificato l’abuso medesimo, non comincia a scrivere a Tizio e Caio una letterina dicendo, più o meno: “Caro Tizio/Caio, abbiamo verificato che nell’occasione x/y ti sei dichiarato giornalista, senza che il tuo nome compaia nell’albo professionale. Ciò è illecito e pertanto ti invitiamo a interrompere questo abuso riservandoci, in mancanza, di esporre quanto accaduto alle autorità competenti“.
Sicuramente non risolverà il problema, ma qualche allarme, o un freno, o forse un’inversione di tendenza protrebbe crearli. E certamente allevierebbe il mal di fegato di chi ogni giorno vede questo mestiere calpestato dai ciarlatani.
Termino con una cronica postilla, ma più ragionevole che provocatoria: considerata, oggi, la relativa facilità di accesso all’Albo e la relativa manica larga di molti ordini regionali, resta un mistero il perchè tanti, anzichè millantarsi giornalisti, col dileggio che ne consegue, non lo diventino davvero. Forse è perchè in ciò che fanno non c’è proprio nulla di giornalistico? Me lo chiedo da trent’anni e che non ho ancora trovato la risposta.