di FEDERICO FORMIGNANI
Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, quelli delle donne lo sono – nella saggezza popolare – anche di molte altre cose. Lo dimostra questo divertente florilegio di modi di dire lumbard.

 

“…Oeucc no ved e coeur no doeur” (occhio non vede e cuore non duole) sostiene un vecchio adagio milanese. L’oeucc milanese “spirituale” è in ogni modo di lunga gittata, dato che comprende lo sguardo, le intenzioni, insomma; vale a dire di tutto ciò che quest’occhio può “fare”, specie se alle prese con problemi sentimentali.

Anzitutto è necessaria una precisazione: quando l’occhio non vede come dice il proverbio, può essere perché è tórber (torbido, appannato) caratteristica che contraddistingue le donne in stato interessante; oppure perché, come sostengono a Bergamo, è un öc de porsèl mort (un occhio di porcello morto) vale a dire del tutto inespressivo. È vero che l’aspetto fisico può condizionare – e non poco – l’efficienza e la vivacità di questo strumento tanto prezioso per gli esseri viventi, ma non è colpa di nessuno se uno nasce cont i oeucc bottorüu (con gli occhi sporgenti) che diventano, nel viaggio da Milano a Cremona, occ sbouriit oppure incavà, infussà; in entrambi i casi, la vista ben difficilmente potrà essere efficace. Se, al contrario, gli occhi sono palpignént (incerti, per lo sbattere delle palpebre), oppure maccàa, nizz (pesti, sbattuti, lividi) è segno che c’è di mezzo l’amore, con le sue gioie e le sue pene infinite.

A Bergamo li chiamano bei öc, öc che’ncanta (begli occhi, occhi che incantano). Avègh on bèll taj d’oeucc (avere un bel taglio d’occhi) a Milano, può significare per una donna essere bella tutta, di aspetto generale più che gradevole; se poi questa fortuna s’accompagna all’altra d’avere le pupille grigie, allora il gioco è fatto: l’uomo cascherà nella rete come un merlo: è da sempre notorio che i oeucc negher fan guardà, ma i oeucc gris fan inamoràa” (gli occhi neri fan guardare, ma quelli grigi fanno innamorare). I bergamaschi sono ancor più romantici quando affermano, parlando d’una donna, che ha dei bej öc, öc che par do stéle (occhi belli, occhi che paiono due stelle). È altrettanto vero, sostengono i soliti veniali meneghini , che uno sguardo languido non è tutto, dato che l’oeucc el voeur la soa part (l’occhio reclama la sua parte): oltre agli occhi è necessario mettere in mostra qualcos’altro di più sostanzioso, anche se in alcuni casi se ne può fare a meno, perché molte imperfezioni vengono ignorate semplicemente perché la pssion la quatta i oeucc (la passione copre gli occhi); non ci si accorge quindi, per troppo amore, dei difetti dell’amata. Una bella donna, questo è chiaro, la paga l’oeucc (appaga la vista). E’ quindi naturale, come succede a quelli di Cremona, lassà i occ adree a vergòtt (perdere gli occhi dietro a qualcosa). Gli ambrosiani addirittura eccedono in audacia, guardando la possibile preda cont duu oeucc lusurios (con occhi lussuriosi).

 Tutto ha inizio, nelle schermaglie d’amore, con una semplice oeciàda (occhiata) come la chiamano a Brescia. Se gli occhi presi di mira sono grazios (leggiadri) – meglio ancora se bloeu (azzurri) – i cremonesi fàan l’oucètt (fanno l’occhiolino) che a Bergamo diventa schissà zò l’öc (letteralmente: schiacciar giù l’occhio) espressione un po’ comica, tutto sommato. A Milano, al fine di evitare possibili malintesi, preferiscono al contrario vardàss drizz in di oeucc (guardarsi dritti negli occhi).

La donna presa di mira, prima o poi, finisce per bassà i oeucc (abbassare lo sguardo) per l’emozione. Soggetta ad uno sgarbo, ad un rimprovero, non è difficile che ghe comenza a lüsì i oeucc (comincino a luccicare gli occhi) per subito riprendersi e approfittare delle poderose armi di cui dispone: per esempio, la donna cremonese è maestra nel faa ballaa i occ (abbagliare, sedurre); quella bergamasca, è noto, possiede öc de gata, de förba, de sbéra (occhi di gatta, da furba, da sbirra), mentre quella milanese ha uno sguardo che mazza, che coppa (che ammazza, che accoppa) con le pupille de brasca, de foeugh (di brace, di fuoco). Alcune donne vengono poi paragonate, in base ai tipi di occhiate che lanciano, a diversi volatili, più o meno “indifesi”! Così gli oeucc de falchètt (occhi di falco) sono grifagni, furbi, acuti; quelli de poresina (da pulcina) sono piccoli e teneri, mentre quelli de sciguetta (da civetta) sono freddi e indagatori.

Ma l’uomo, che chiameremo ancora una volta “merlo” per non uscire dal seminato, verrà attratto, senza possibilità di scampo, dagli occhi de gatta soriana (di gatta soriana), vale a dire morbidi e avvolgenti.

L’amore dura fin che dura, è risaputo. L’uomo – e non solo lui – è sempre pronto, come sostengono i bergamaschi, a fàla söta i öc (farla sotto gli occhi); se poi gli innamorati sono costretti ad una separazione più o meno prolungata, non è escluso che l’affetto si sciolga come neve al sole anche perché, come tutti sanno, lontan dai oeucc, lontan dal coeur (lontano dagli occhi, lontano dal cuore); lo dicono a Milano, in Lombardia, in Perù e in Papuasia.

Per un tradimento, sostengono a Milano, molti sono disposti a sarà sü i oeucc (chiudere gli occhi, far finta di niente); molti altri, per logico contrappasso, arrivano a voltà i oeucc (voltare gli occhi, cioè odiare). Le cose si risolvono comunque al meglio quando chi si vuol bene, in presenza di un torto ricevuto, decide saggiamente de cavàss i oeucc (togliersi gli occhi, litigare) affidando le rispettive ragioni al sistema di discussione più diffuso cui gli innamorati, da tempo immemorabile, fanno ricorso.