di FEDERICO FORMIGNANI
Se dal Mille in poi il viaggiare ha assunto una dimensione anche sociale, poeti e scrittori non hanno mai rinunciato a esplorare il mondo interiore e leggendario. Solipsismo? Non più di oggi, dove il turista vede solo ciò che già prima ha deciso di vedere (foto di Sarah Deremer).

 

Con le feste in arrivo, già molti pensano alla vacanza e ai viaggi, verso mete vicine e lontane.

Non certo come nei secoli passati.

Nel Medioevo il senso del viaggiare si dilata, quasi esplode, specie in quell’Europa da molti studiosi considerata il vero e più alto prodotto dell’Età di Mezzo. Viaggi che facilitano l’amalgama tra organismi geo-politici, comunità religiose e culturali, manifestazioni reali e immaginifiche dei miti.

Dopo il Mille, infatti, la vita sociale europea cambia. I viaggi, che vengono avvertiti come fattore di progresso, conoscenza e insieme di definitivo stacco dalle limitazioni insite nel piccolo borgo dall’esistenza precaria, aumentano in frequenza, dappertutto. Le strade sono poche e disagevoli, i mezzi di trasporto ridotti, lenti e scomodi (cavalli, buoi e carri; chiatte e barche sui fiumi) e la natura si presenta selvaggia e ostile (foreste, animali feroci). Ciò nonostante l’universo europeo si muove in ogni direzione, intreccia rapporti e tende a considerare il viaggio quale motore di sviluppo sociale che si nutre di nuove esperienze ma non rinuncia all’immaginario e al mito.

Spopolano le storie e le leggende dei grandi e fantastici personaggi delle Saghe del Nord: i cantori celtici, Re Artù con i Cavalieri della Tavola Rotonda con Parsifal e il Santo Graal; le divinità del Valhalla (residenza degli dei) guidate dal dio Odino affiancato da tutti gli altri e specie da quel dio Thor che tutti temono, essendo il dio della Guerra. A gratificare la mitologia dei popoli nordici, agli inizi del XIII secolo trovano diffusione gli Eddur, plurale dei due libri Edda scritti in Islanda – uno in prosa e l’altro in poesia – che rappresentano la più completa fonte di informazioni sulla mitologia norrena. Nel meridione del continente, con climi e ambienti diversi, troviamo le Chansons des gestes dei trovatori provenzali, poeti e cantanti in lingua occitana che celebrano l’amor cortese, i miti del feudalesimo cavalleresco sino a influenzarne le scuole e le corti di Toscana e Sicilia, fucine della nascente lingua italiana.

Il viaggio-visione nell’Oltretomba ossessiona e incanta il medioevo. Dante, attraverso i personaggi che incontra, finisce per vivere l’attualità del suo tempo e insieme persegue la ricerca e l’approfondimento della cristianità. Il viaggio con il traghettatore Caronte assomiglia al viaggio della vita, che dovrà esser compiuto tra passione e sublimazione, non escludendo l’espiazione delle colpe attraverso la purificazione del Purgatorio.

Si viaggia sempre più ma i miti permangono; hanno magari pelle diversa, ma continuano a incidere sulle fantasie delle persone. Colombo cerca un’altra via per arrivare in un mondo conosciuto (l’India) ma ne scopre uno nuovo che conterrà infiniti e differenti miti. Il Don Chisciotte di Cervantes rappresenterà per assurdo l’archetipo del moderno turista: percorrerà la Spagna in lungo e in largo senza mai vedere nulla, eterno prigioniero delle sue fantasticherie di cavaliere. Diverso l’occhio sarcastico e allegorico di Jonathan Swift nel Settecento: i suoi Viaggi di Gulliver fustigheranno, con la monarchia, gli usi e i costumi del suo tempo.

Infinite le testimonianze letterarie del XIX e XX secolo. Dalle baleniere di Melville agli scritti di Conrad alle isole misteriose di Stevenson; dai fantastici resoconti di Salgari e Verne alle spedizioni scientifiche nel mondo, è tutto un fiorire di scoperte e di agganci ai miti del passato, semplicemente creandone di nuovi. Quindi l’approdo ai Gran Tour italiani; Goethe, che nel suo Viaggio in Italia antepone l’egocentrismo della sua presenza alle testimonianze di vita del paese che visita. Rilke, che dichiara di riuscire a risolvere i momenti di impasse creativa, semplicemente viaggiando: Spagna, Roma, l’Egitto.

Non a caso è stato scritto che il viaggiare dei poeti e degli scrittori altro non è che una sottile variazione sul tema del solipsismo (soggettivismo, individualismo esasperato); ovunque si rechino, vedono soltanto ciò che avevano già deciso di vedere. Più o meno, quello che accade anche ai nostri giorni.