di LUCIANO PIGNATARO
L’eclettico vignaiolo altoatesino (Hoffstatter), attivo anche in Germania, parla a 360° su effetti della pandemia, idee, programmi, fiere, ecommerce e lavoratori “importati” per la vendemmia 2021.

 

E’ passato quasi anno dall’inizio della crisi. Cosa ti ha insegnato la nuova situazione, c’è qualcosa che hai iniziato a fare che non facevi o avevi rimandato?

 

Il mondo vitivinicolo è molto tradizionale. Innovazioni e tecnologie, che in altri settori già presenti ed in uso da anni, non sempre nel mondo del vino vengono adottate con la stessa velocità. La digitalizzazione, indipendentemente se si tratta di online shop aziendali o piattaforme che permettono di comunicare senza filtri da una parte con il consumatore finale e dall’altra parte con il cliente aziendale (grossista, ristoratore, ecc.) sta ora avanzando con passi da gigante anche in questo mondo tradizionale.

 

Sei andato di persona a prendere il personale per la vendemmia. Perchè sei stato  costretto a farlo? Qual è la soluzione per quest’anno in cui, presumibilmente, i termini saranno gli stessi?

 

Nella primavera del 2020 la pandemia ci ha colto di sorpresa. Tutti noi, in prima linea la politica e chi ci governa, non avevamo punti di riferimento né esperienza su come comportarci in una situazione di emergenza come quella del Covid19. Molte decisioni sono state prese in preda al panico, senza analizzare il peso delle stesse e le conseguenze. Inoltre, in quel periodo l’allora ministro Bellanova era indaffarata con i problemi dei lavoratori agricoli in Puglia che sicuramente andavano messi a posto, ma non si è occupata, così come tutti i rappresentanti di categoria, di comprendere e trovare soluzioni a diverse problematiche di altre zone d’Italia. La mancanza di personale specializzato in viticoltura era ed è un problema rimasto tuttora irrisolto e, finiamola di nasconderci dietro un dito e fare polemica, i nostri connazionali da decenni non vogliono più svolgere lavori manuali in vigna. Inoltre, per soffocarla sul nascere, questi lavori nei vigneti non sono né da “spaccatore di pietre” né da “padrone sfruttatore di manodopera estera a basso costo”.  Per quest’anno, visto che ora un po’ di “esperienza Covid” ce l’abbiamo tutti, non prevedo grandi disagi nel fare arrivare via terra i nostri fidati collaboratori stagionali in Italia dalle loro patrie. Per quanto mi riguarda, la mia squadra prima di partire dalla sua nazione di residenza è tenuta a fare un test e poi, una volta arrivati a destinazione, facciamo fare un ulteriore test. Poi il lavoro in vigna viene suddiviso in più gruppi di piccole dimensione ed i singoli collaboratori vengono fatti alloggiare in strutture aziendali sempre in gruppi più piccoli che in passato, con i dovuti e necessari distanziamenti.

 

Molte aziende hanno scoperto o rafforzato l’e-commerce. Pensi sia destinata a diventare il canale di vendita principale?

 

Mi collego a quello che ho detto poco sopra: la digitalizzazione non si fermerà più nel mondo vitivinicolo. L’e-commerce in futuro sarà onnipresente anche nel nostro settore e darà un sostanziale supporto alle aziende. L’e-commerce, secondo me, sarà complementare ai canali tradizionali, che saranno sempre prioritari come in passato. Sono convinto, che l’e-commerce e la digitalizzazione daranno molte opportunità di fare business a tutti, dall’enotecario fino al ristoratore. È importante non opporsi a priori alle novità, ma riflettere come poter al meglio adattare le nuove tecnologie ed opportunità nel e per il proprio business.


Partecipazione a fiere, convegni, world show. Qual strategia adotterai? Rinuncerai qualcosa?

 

Sinceramente le fiere ed i grandi incontri mi sono meno mancati dal punto di business, ma più da un punto “umano” di incontro personale con i clienti. Le fiere, e anche questa tematica non è nuova, vanno ripensate: più business e meno festa. Se in futuro sarà di nuovo possibile partecipare alle principali fiere del settore, io sarò il primo ad essere presente. L’aspetto “d’incontro” nel mondo del vino è importante e va curato.


Cosa avvrebbe potuto fare lo stato italiano per stare più vicino al mondo del vino che non ha fatto?

 

Questa tematica è direttamente collegata alle chiusure di ristoranti e alberghi. Questi settori hanno fatto l’impossibile per mettere in sicurezza i loro locali ed alla fine sono rimasti i settori più penalizzati dai vari decreti. Per quel poco che oggi si sa della divulgazione del Covid, i contagi in queste strutture statisticamente sono minimi. Seppur con severe restrizioni e controlli da parte delle autorità, la ristorazione si poteva anche tenere in vita e con ciò tenere in vita tutta la filiera collegata ad essa: dei fornitori di alimentari, bevande, vino, ecc.

 

Tu lavori anche in Germania e ora le situazioni sembrano abbastanza simili. Qual è il tuo bilancio? Ci sono, ifferenze per chi opera nel settore vitivinicolo?

 

I vini della mia azienda tedesca vengono prevalentemente venduti in Italia. Parlando con i miei colleghi viticoltori tedeschi però vedo molta preoccupazione, poiché una grossa fetta delle loro vendite, così come per la mia azienda altoatesina in Italia, viene generata dal reparto Ho.Re.Ca. . Quello che però differenzia l’Italia e la Germania è che la vendita a clienti privati in e dalla cantina in Germania ha molta più tradizione che in Italia. Questa fascia di clientela è rimasta molto fedele alle sue cantine anche e soprattutto in tempi di lockdown.


Infine: quali programmi per la tua azienda?

 

Digitalizzazione, digitalizzazione, digitalizzazione, non avere paura del futuro e convincere la propria clientela del settore Ho.Re.Ca. che il futuro ci ha già raggiunti e sorpassati. È ora di prendere questo treno ad alta velocità…

 

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