Ordine contro sindacato, correnti contro correnti, unioni contro commissioni: è ormai una guerra civile (e pateticamente strumentale) quella che si combatte sulla pelle degli illusi e dei professionalmente defunti. Chi? Quell’81% (!) dei 90.000 giornalisti italiani iscritti all’OdG che risultano privi di un contratto di lavoro e passano sotto il nome di precari, freelance, aspiranti, etc.
Chi ha qualche reminiscenza liceale forse ricorderà la Batracomiomachia, cioè “La battaglia delle rane e dei topi”, arcaico poemetto della letteratura greca attribuito dai filologi ad un misterioso “Pseudo Omero”.
Si trattava di una composizione parodistica nella quale, rievocando i toni enfatici dell’epica, si narrava appunto della risibile contesa che opponeva i batraci ai roditori. Una versione precoce e collettiva dei proverbiali capponi di Renzo manzoniani, impegnati a beccarsi mentre, incoscienti, si avviano allo spiedo.
Nell’anno di grazia 2010 invece succede questo. Da un lato c’è un Ordine dei Giornalisti che, un po’ perchè antiquato (è in attesa di riforma) e un po’ perchè cronicamente menefreghista, si è trasformato da anni in “giornalistificio”, cioè in un’istituzione che attribuisce a chiunque o quasi la patacca formale di giornalista, creando in costui non solo l’illusione di potersi inserire nel mondo del lavoro e perfino di averne diritto, ma perfino di poter cullare concrete speranze diu guadagno e carriera. Dall’altro c’è un sindacato, anzi il “sindacato unico” dei giornalisti, l’Fnsi, che in teoria pretende di rappresentarli tutti ma che in pratica, per “default” culturale, si occupa da sempre e solo di chi ha un contratto di lavoro dipendente: cioè, ad oggi, di appena 17mila dei 90mila giornalisti italiani. Poi c’è l’INPGI, l’ente di previdenza dei giornalisti, che “copre” i suddetti 17mila, e l’INPGI2, la cosiddetta gestione separata, che per legge “copre” previdenzialmente altri 25mila giornalisti che operano come liberi professionisti, cocopro, cococo e varie sigle cantando. Restano del tutto scoperti, a conti fatti, circa 45mila “giornalisti”, per i quali le virgolette sono d’obbligo in quanto giornalisti lo sono certamente di nome, ma spesso non altrettanto di fatto e si dibattono tra le più diverse e fantasiose declinazioni della professione.
E qui scoppia appunto la batracomiomachia tra Odg e Fnsi, come riporta Marco Capisani su Italia Oggi del 1 febbraio (http://groups.google.com/group/senzabavaglio/browse_thread/thread/d13164a68e550458).
Con sospetta sollecitudine, infatti (a maggio nell’OdG si vota…), la Federazione ha aperto le danze accusando l’Ordine di essere ciò che effettivamente è: un giornalistificio. E chiedendo: perchè consente questa crescita pletorica della categoria (alimentata patologicamente dal moltiplicarsi delle scuole di giornalismo e dal proliferare del giornalismo on line, ndr?), senza preoccuparsi del fatto che il mercato delle penne è saturo e in crisi? Risponde a brutto muso l’Odg: noi diamo il titolo a chi ne ha diritto, tocca al sindacato difendere gli interessi dei giornalisti, di tutti i giornalisti e non solo di quegli assunti. Se gran parte della categoria è in condizioni di disagio, questa la sostanza, la colpa è della vostra inefficienza e inadeguatezza a un mercato dell’informazione che cambia.
Un vero colpo basso (e abbastanza veritiero), quello sferrato dall’OdG, visto che proprio domani, il 4/2, l’FNSI deve affrontare lo spinoso nodo della tutela del lavoro autonomo dando vita a un nuovo organo destinato ad appoggiare la giunta esecutiva e la segreteria nazionale, nominato pomposamente (e in modo involontariamente umoristico?) “commissione”, che dovrebbe per l’appunto occuparsi della libera professione giornalistica. Una branca del giornalismo ormai agonizzante, se non già defunta (personalmente la ritengo tale), a causa dell’ultradecennale mancanza di qualsiasi tutela riservata dalla distrattissima Federazione alla sgarrupata categoria, lasciata sistematicamente sola a lottare con gli editori in scontri dai quali il singolo è, per ovvie ragioni, sempre destinato o quasi a uscire con le ossa rotte.
Con l’ulteriore paradosso che, in occasione del congresso del 2004, la decisione di tutelare i cosiddetti freelance era stata solennemente assunta e poi totalmente disattesa dalla Fnsi, risultata non a caso incapace di far inserire qualsiasi forma di concreta tutela a favore degli “esterni” (i quali, sia chiaro, contribuiscono con il loro lavoro al 70% di quanto quotidianamente pubblicato) in tutti i Ccnl successivamente sottoscritti con la Fieg, incluso quello nel 2008.
Contro e a seguito di ciò (ovvero a buoi non solo abbondantemente scappati dalla stalla, ma da mo’ trasformati in fumanti bistecche) nasce allora, per iniziativa di Senza Bavaglio, una corrente interna dell’Fnsi, l’Unione Sindacale dei Giornalisti Freelance, un vero e proprio organismo di base degli autonomi, che la Federazione si rifiuta però di riconoscere e al quale, di fatto, oppone ora proprio la sunnominata “commissione”. Apriti cielo: l’Usgf insorge e, in mancanza di un accordo (che non si capisce quale possa essere, tranne un improbabilissimo riconoscimento che disconoscerebbe l’utilità della neonata commissione), minaccia di invitare i propri aderenti a stracciare la tessera della Federazione. Per fare cosa? Fondare un sindacato indipendente? Chissà.
Il tutto in un contesto divenuto ormai grottesco. L’Fnsi, sebbene sia il sindacato formalmente “unico” dei giornalisti, non infatti rappresenta neppure tutti cosiddetti contrattualizzati che lavorano nelle redazioni e annovera tra i propri iscritti un numero risibile di autonomi. Questi ultimi, a loro volta, raggruppano sotto il loro capace ombrello, per esclusione, tutto e il contrario di tutto: professionisti affermati, principianti, abusivi, sedicenti, aspiranti, drop outs, insomma una congerie di soggetti spesso in sostanziale contrasto di interessi tra loro e in grandissima parte di fatto oramai espulsi dal mondo del lavoro giornalistico.
Alla finestra, per ora, resta la FASI (Federazione Autonoma della Stampa Italiana), una nuova sigla che tenta di rompere il monolite sindacale dell’Fnsi imponendosi – con molta buona volontà, ottimi argomenti, ma finora scarso potere e capacità di incidere – come sindacato alternativo dei giornalisti rispetto alla Federazione.
Insomma, si era cominciato con la Batracomiomachia e si finisce con il Risiko. Tutti contro tutti. E i giornalisti autonomi? Carne, anzi penne. da cannone. Come da copione.