Nel tutti contro tutti di questi giorni, sale sempre più il senso della farsa e scompare sempre più quello della dignità. Un’orgia di autogol sta travolgendo la politica e i politici. I cittadini assistono depressi al nauseabondo spettacolo. Di fronte al quale sarebbe giusto ribellarsi e disertare le urne, senza distinzioni di partito. Una simbolica panuelada anti-politicanti.
Il PDL sbaglia grossolanamente qualcosa (questione di panini al bar?) e alcune liste non vengono accettate. Colossale figura di guano e sconcerto (altrove il PD fa lo stesso ma, pare, a loro le liste gliele accettano senza battere ciglio, però questo è un altro discorso).
Il PDL cerca allora goffi rimedi, facendo già così un secondo regalo politico alla sinistra.
La sinistra, tuttavia (fatto non nuovo) non capisce un tubo e, accecata dal miraggio di stravincere le elezioni (amministrative) a tavolino, si butta in una battaglia formalmente giusta (le regole vanno rispettate e quindi le liste PDL sono fuori), ma politicamente e democraticamente molto sbagliata (in politica e in democrazia non si vince mai per forfait), accanendosi sulla questione e facendo così recuperare il PDL almeno della metà dei punti perduti con il pasticcio-liste.
A sua volta il PDL non capisce un tubo (oppure capisce, ma deve dare retta alle ambizioni, alle cambiali e alle aspettative dei candidati) e invece di ritirarsi dalla tenzone, perdendo sì le amministrative dove mancano le liste ma incassando così un’enorme, inestimabile bella figura politica, parte con i ricorsi. E li vince.
Persistendo in un atteggiamento di sconcertante miopia, la solita sinistra isterica si conferma suo strabismo nel valutare dei casi giudiziari secondo il proprio comodo e, siccome per una volta (incredibile: mai successo prima!) i giudici hanno dato ragione al partito del Berlusca, insorge violentemente contro le toghe di cui da sempre, finchè i magistrati perseguitano il Berlusca medesimo, è strenua paladina.
Il caso, dietro la facciata tecnico-procedurale, diventa sempre più politica. Ma nessuno se ne accorge o tutti fanno finta di non accorgersene. Quindi si va avanti con la farsa.
Perseverando a sua volta nelle sue croniche pulsioni autolesioniste, il PDL solleva il caso della tutela del “diritto di voto” degli elettori e fa fare al governo un decreto interpretativo, coinvolgendo così fatalmente il riluttante presidente della Repubblica. Il quale, ineccepibilmente sotto il profilo formale, controfirma il decreto dicendo appunto che, in politica, non si vince per forfait dell’avversario.
Di colpo, l’amato compagno Napolitano, portato ad esempio di imparzialità quando critica o osteggia le leggi del governo Berlusca, per qualcuno diventa un nemico del popolo. Per altri, un compagno che sbaglia. Per altri ancora, uno che non ha colpa perchè la colpa è tutta del PDL. Con un coup de teatre degno della migliore tradizione comica, il contadino-tribuno Di Pietro invoca addirittura l’impeachment (ammesso che sappia cosa significhi) del primo cittadino, senza accorgersi del rischio di essere seppellito da una risata.
Vista la temporanea malaparata, il resto della sinistra torna invece a fingersi sportiva, moraleggiando e (forse memore di certe “autocritiche” imposte dall’etica sovietico-maoista) rimproverando al PDL di non aver almeno abiurato con il pubblico riconoscimento i propri torti. Il PDL però, stupido al pari dei suoi dirimpettai, l’autocritica come non l’ha fatta prima non la fa ovviamente nemmeno ora. E manca di mettere a segno l’ennesimo punto a svantaggio degli avversari. Intanto il “popolo viola” (definizione menagrama con cui il calcio non c’entra) preannuncia le consuete piazzate, ma litiga sul se, il come, il perchè. In un sussulto di resipiscenza, il pasionario Scalfaro esce dal letargo senile e propone di far slittare le elezioni per far calmare le acque e fare un po’ di chiarezza procedurale. Essendo un nume tutelare dell’antiberlusconismo, dei suoi nessuno lo critica, ma pochi lo appoggiano
Ieri sera, colpo di scena: il Tar del Lazio boccia il decreto salvaliste, facendone strame e riducendo a carta straccia tutte le polemiche dei giorni precedenti. La sinistra esulta. Alla Bonino, per la gioia, spariscono di colpo tutte le rughe, “stirate” dal sorriso del trionfo.
Scende finalmente il sipario e si va alle urne? Macchè: il PDL ricorre al consiglio di stato.
Insomma il casino continua. L’opinione pubblica – quella normale, che ha le sue idee ma non è monomaniaca dell’uno o dell’altro schieramento a prescindere – non sa se ridere o se piangere e non ci capisce più nulla.
E la stampa, il cosiddetto “cane da guardia del potere”, che fa?
Invece di fustigare i politici, di invitarli ad andare a lavorare, di indignarsi indistintamente per il generale sconcio strumentale di cui si è ammantata la vicenda, di prendere tutti per un orecchio e di pretendere che la rissa termini, come al solito si divide per schieramenti e si arrampica sugli specchi per sostenere le tesi dell’uno o dell’altro. Intanto sul Rude Pravo, pardon, sul Fatto Quotidiano, Travaglio as usual insolentisce tutti, da Napolitano in giù. Lui se lo può permettere.
Poveri noi.