E’ morto il celeberrimo tastierista degli ELP, virtuoso del moog e protagonista di tante battaglie ideologico-musicali del progressive ammi ’70. Non lo amavo, ma mi dispiace: sembra che ormai il ritmo del rock sia sempre più scandito dal tic tac del tempo.
Soundtrack: “Fanfare for a common man“, ELP
Lo dico chiaro e tondo: ero un wakemaniano dichiarato.
A mio parere il biondo degli Yes era di gran lunga superiore a lui, Emerson, il tronfio tastierista di uno dei gruppi che nella storia del rock ho considerato più inutili e enfatici, gli ELP.
Passioni adolescenziali, è ovvio, quando tra lettori di Ciao 2001 ci si accapigliava sulle classifiche di gruppi e musicisti, in stile Alta Fedeltà (il romanzo di Nick Hornby da cui questo blog prende parziale ispirazione).
E’ ovvio che la mia era soprattutto una questione di tifo: non ero minimamente in grado di capire (ma chi lo era?) se sotto il profilo tecnico e artistico Rick Wakeman fosse davvero meglio di Keith Emerson.
Non migliorò la situazione il fatto che i molti o pochi che già non lo conoscevano lo conoscessero grazie al suo “Honky tonk train blues” che fece da colonna sonora di Odeon, una delle trasmissioni-cult della “nuova” Rai del 1977. C’era lui vestito da barrel house che suonava con una sculettante e anch’essa compianta Laura D’Angelo.
Ecco, ieri Emerson è morto. E’ morto davvero, non come in quella sciocca barzelletta anni ’70 che diceva: “Lo sai, è morto Palmer: si è tuffato in un Lake e non è più riEmerson…“.
L’iconografia classica lo ritrae sotto muraglie di pannelli elettronici irti di cavi e jack: era il moog, il suo strumento-principe.
Ovvio che la sua scomparsa chiude un’epoca al tramonto da molto tempo ma che, all’atto di chiudersi definitivamente, mette tristezza, perchè contrassegna un tempo che trascorre ineluttabile, ingoiando gli ex giovani.
Nel 2016 già Bowie e Kantner. Ora Emerson.
Uno al mese.
Ma quando la musica è già in soffitta, a volte è bello pensare – magari storicizzandola – a chi la suonava.