Si conclude oggi, a Montalcino, la maratona del vino toscano che ha visto sugli scudi Chianti, Vernaccia, Chianti Classico, Nobile e Brunello. Un po’ per drammatizzare e un po’ per punzecchiare, ecco alcuni estemporanei versi di commento.

Di Toscana proprio oggi si concludono gli assaggi:
c’è bisogno d’esser saggi tra vigneti, botti e poggi.
S’è tentati d’essere buoni, s’è tentati d’esser rii,
ma a ignorare i cigolii ci si passa da coglioni.

Dei Borghese nel palazzo son di scena i vin del Chianti:
talor buoni, certo tanti, che a contarli n’esci pazzo.
Ma domanda che fa rima con dei rossi così imberbi
è se l’atto, qua, di berli, definirsi può anteprima!

Le Vernacce viceversa s’anteprimano al museo
ma di botte, marameo, quasi ognuna appare persa.
Nella sala in cima al colle poi si sposta la tenzone
per portarvi a paragone di Slovenia le Ribolle.

Il piumiato Gallo Nero si rinnova alla Leopolda:
Zingarelli, sulla tolda, di Gran Selezione è fiero.
Ma con scopo, s’ode qui, d’assorbir supertoscani
e rimetter gli iggittì tra i premiati chiantigiani.

Poi c’è il Nobile in fortezza che s’annuncia a cinque stelle
ma le piogge furon quelle e del vino dan contezza.
Agrodolce nel bicchiere risultò il duemiladieci,
sulla scheda pochi egregi, ma il colore è un bel vedere.

Ed infine c’è il Brunello, degustato in mezzo al chiostro:
gran fermento e poco inchiostro, mi par esito già bello.
Ma formella giunse a troppo con l’ennesima cinquina
a riprova che melina si fa pure senza schioppo.

E or chiudiamo il girotondo in omaggio alle anteprime
perchè pure a far le rime ci siam divertiti un mondo.
Resta in coda, sì, il quesito del perchè l’operazioni:
ma sappiam le soluzioni star nascoste dietro a un dito