LIBRI DI NATALE. Una conversazione a cinque voci su ciò che fu, è stato, ha causato ciò che si poteva evitare e che forse (con disdoro generale) resterà, dopo che la pandemia ha messo a nudo le crepe della già “Disneyland del Rinascimento“.

 

Secondo alcuni è il chiacchiericcio ansioso di chi tardivamente si accorge che sta affogando nella propria irreversibile mediocrità. In altre parole, nel provincialismo. Un'(auto)accusa infamante per chi da sempre vive nel sonno/sogno generatore di mostri di una smarrita grandezza. Secondo altri è invece il paradigma del declino del cosiddetto sistema-paese, ormai prossimo a sprofondare nella melma nella quale l’ha sospinto la classe politica di disperante pochezza che proprio in riva all’Arno ha trovato negli ultimi lustri alcune delle sue figure di spicco. Nel mezzo c’è una città, Firenze, che in meno di un quarto di secolo è stata capace di andare oltre le fosche previsione dell’ex ministro Antonio Paolucci. Il quale vent’anni fa era stato sì capace di vaticinare per il capoluogo toscano un futuro da “zingaraio“, ma non da Disneyland del Rinascimento che oggi tutti i fiorentini conoscono.

Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere?

No, di più.

C’è voluto lo tsunami del Covid per far emergere la desertificazione spirituale e intellettuale di una città che sotto al tappeto della crisi economica da monocoltura turistica si trova in realtà a nascondere la carenza di menti pensanti, di idee, di prospettive, di capacità progettuale. Al punto che, in gran parte e suo malgrado dismessi i panni disneyani e i loro annaspanti epigoni sopravvissuti fino questi giorni, si trova ora ad affrontare un futuro immediato da Pompei della Grande Bellezza.

Lo sostiene quello che, uscito quasi come un instant book l’estate scorsa, quando l’ottimismo sull’esaurimento della pandemia e delle sue conseguenza pervadeva scioccamente la società bottegaia fiorentina, rimane oggi un libro-riflessione di provocatoria attualità.

Lo shock di Firenze” (Nuova Editoriale Florence Press, 2021, 286 pagine, 15 euro) è infatti un inquietante ragionamento a cinque voci su ciò che fu, ciò che è stato, ciò che ha provocato quello che è, ciò che facilmente si poteva evitare, ciò che forse (con disdoro pressochè generale) sarà.

Parola di un fine osservatore come Franco Camarlinghi, che nel lontano 1986 profetizzò la tracimazione del basso commercio e la conseguente alluvione socioeconomica provocata da una classe politica e dirigente miope, di un cronista come Marcello Mancini, che per trentacinque anni, dalle colonne del massimo quotidiano cittadino, ha raccontato le vicende politiche fiorentine, come Stefano Fabbri, già capo dell’Ansa Toscana, che sulla questione intervista i personaggi-chiave, l’imprenditore lungimirante Massimo Mazza e il giornalista-editore Leonardo Tozzi.

Un ripasso di storia recente e di omissioni antiche. O il seguito di un affaccio sul buio.

Si può anche non condividere, ma un pensierino ci va fatto.