Sì, lo so che non è elegante vantarsi, ma ci sono cose che non accadono a tutti.
Io, ad esempio, da generazioni – ma che dico generazioni, da secoli! – ho la “water square” in casa. E voi no, tie’. O forse, anzi probabilmente, sì. Solo che non lo sapete.
Apprendo infatti da un illuminante articolo, munito pure di disegno esplicativo, che il rivoluzionario rimedio contro i danni provocati dalle ormai frequenti bombe d’acqua estive, destinate a allagare quartieri interi e a trasformare in trappole garage e sottopassi, sarebbe la trasformazione di piazzali, cortili, parcheggi e giardini in “water square”. Che poi, tradotto in volgare, si direbbe “vasche”.
In pratica, la scoperta copernicana di chissà quale genio d’Amerega sarebbe che, se cade su un piano dolcemente inclinato, l’acqua tende poi a scorrere piano verso il basso e quindi a raccogliersi sul fondo del piano medesimo. In termini più colti potremmo dire in un bacino o in un impluvio.
Pensa te.
Qualche mio geniale antenato fece dare pochi gradi di pendenza al cortiletto di casa per far defluire la pioggia e, senza saperlo, creò così una “water square” con la quale dare lustro alla stirpe.
Allo stesso modo, i contadini di qui convogliano da sempre l’acqua del cielo in vaste buche scavate nell’impermeabile argilla, battezzate però – ahiloro poco anglobeceri – fontoni, che poi sarebbe il sinonimo locale di stagni.
Ora però scusate, fuori sento bubbolare e devo lasciarvi: ho da correre alla finestra per rimirare lo spettacolo della mia water square che si riempie.
A presto!