L’anteprima del Gallo Nero preceduta dal lancio ufficiale della Gran Selezione, nuovo vertice della piramide qualitativa della denominazione. 32 le aziende che hanno presentato il loro nuovo rosso, qualcuno già convincente. E ora la zonazione.

Chiarito il mistero sul numero effettivo dei vini “Gran Selezione” presenti al Chianti Classico Collection, l’anteprima del Gallo Nero che si è aperta ieri alla Leopolda di Firenze (lunedì alla cerimonia ufficiale in Palazzo Vecchio lo speaker Gioacchino Bonsignore ha detto 33, il presidente Sergio Zingarelli 32 e il direttore Giuseppe Liberatore 34, ma avevano ragione i secondi perchè le aziende sono 32 e avendo due di esse presentato due vini il totale è quindi 34), passiamo alle cose serie.
Cioè parliamo della nuova tipologia destinata a rivoluzionare la cosiddetta piramide qualitativa della celebre denominazione toscana. Novità di cui si parla da tempo, ma che ufficialmente esiste solo dal 29/1 scorso, da quando cioè è entrato in vigore il nuovo disciplinare, dopo un iter lunghissimo e parecchie discussioni anche all’interno della compagine consortile. Il tema era infatti delicato assai per le sue implicazioni economiche e commerciali.
47 i campioni presentati alla commissione, 39 quelli promossi, 34 quelli imbottigliati e in degustazione qui: un record visto il poco tempo a disposizione. E sono certo che molti altri vini li seguiranno presto“, ha sottolineato Zingarelli introducendo il tema in conferenza stampa. “Il nostro scopo nel creare la GS era e rimane quello di dare una collocazione precisa a prodotti di alta gamma prodotti già da molti viticoltori, che però finora non trovavano una veste tipologica loro adeguata“, ha proseguito. Cioè quelli di eccellenza e molti dei cosiddetti supertuscans. Alcuni dei quali destinati quindi a “rientrare”, questa almeno l’aspirazione, sotto le ali del Gallo Nero (“ovviamente solo se ampelograficamente compatibili con il disciplinare“, ha rimarcato Liberatore), assieme a nuovi prodotti creati ad hoc dai viticoltori. Altra questione delicata su cui, non a caso, uno dei due vicepresidenti, Filippo Mazzei, ha ritenuto di puntualizzare: “La Gran Selezione non è una categoria nata dal nulla, per la quale vanno inventati vini nuovi ma, al contrario, nasce come casa pensata per vini già esistenti“.
Insomma un forte investimento di strategia e di politica associativa quello compiuto dal Consorzio, investimento su cui si è inevitabilmente rimarcato e che ha rischiato di mettere in secondo piano due altre novità estremamente importanti sotto il profilo sostanziale.
La prima riguarda il nuovo disciplinare, che introduce l’obbligo della certificazione preventiva (rilasciata da Valoritalia, cioè da un soggetto esterno) per qualsiasi partita di vino sfuso commercializzato come Chianti Classico (“Un vincolo fortissimo e un elemento di trasparenza fondamentale, visto che le commissioni sono del tutto indipendenti ed estranee al Consorzio“, ha detto Liberatore. “In pratica, tutte le transazioni che avranno per oggetto il nostro vino riguarderanno un Chianti Classico e non un vino ‘atto a diventare‘, quindi un prodotto già coerente ai valori chimici e organolettici previsti dal disciplinare“).
La seconda riguarda l’apertura dei produttori all’idea, finora sempre rimasta sotto traccia perchè molto “sensibile”, di una zonazione all’interno della denominazione. Zonazione di cui la Gran Selezione è una sorta di avanguardia (i vini in presentazione sono stati organizzati per comune di produzione): “Il tema non è più tabù“, ha annunciato ai giornalisti l’altro vicepresidente, Giovanni Manetti. “L’argomento è all’attenzione del nostro cda e lo stiamo studiando. Nulla di definito, quindi, ma la strada è individuata“, ha proseguito. Il criterio sarà quello delle scansioni amministrative comunali? “Non è detto, il territorio di un comune non costituisce di per sè una sottozona ma la nostra scelta di presentazione della GS assecondando tale scansione ha comunque un significato“.
E veniamo alla degustazione.
Abbiamo assaggiato alla cieca tutti i campioni di Gran Selezione presenti.
L’impressione, sinceramente, è di un vino molto compattamente orientato verso il mercato estero, come ammettono gli stessi vertici consortili, visto che l’80% della produzione va oltre frontiera. A tratti orientato anche troppo, considerata un’omogeneità cromatica che sfiora l’omologazione, un uso massiccio del legno e un Sangiovese che, spesso, finisce per nascondersi dietro alla perfezione tecnica del vino.
Riservandoci di risentire tutto con calma e maggiore approfondimento, i nostri preferiti sono stati questi:
– Barone Ricasoli, Castello di Brolio 2010
Bibbiano 2010
Castello di Ama 2010
Fattoria di Corsignano 2010
– San Felice, Il Grigio 2010.
– Il Molino di Grace, Il Margone 2010.
Ad maiora…