Professionisti, occhio! Basta scaricare dalle tasse, come se nulla fosse, gli acquisti di beni compiuti nei paesi Ue, anche se si tratta di spese di lavoro a tutti gli effetti, portando un colpo letale alle casse dello Stato. Da ora può farlo solo chi è “autorizzato”, perbacco! Sennò son guai. E per ottenere l’ambita “licenza” c’è tempo fino al 28 febbraio.
Non mi ricordo chi di recente ha detto che l’Italia sta trasformandosi in uno stato di polizia tributaria. Chiunque fosse, ha ragione.
Nulla da eccepire contro chi combatte l’evasione, sia chiaro (vedi qui, ad esempio, il rapporto della GdF per il 2010). L’evasione, appunto. Quella seria.
Molto da eccepire invece contro gli accanimenti polizieschi e le assurdità burocratiche che, costituendo un’insopportabile e inutile complicazione della vita quotidiana, dell’evasione stessa costituiscono la principale causa ed incentivo. Con l’effetto di produrre il classico paradosso italiano: punizioni draconiane a chi dimentica lo scontrino del caffè e bengodi per chi invece scappa impunemente coi miliardi nascosti nelle mutande.
L’ultima riprova del clima da inquisizione in cui stiamo vivendo e del contesto da surreale caccia fiscale alle streghe è arrivata in questi giorni. Me l’ha comunicata il commercialista, non senza imbarazzo. Si chiama “obbligo di dichiarazione di volontà per i soggetti che intendono effettuare operazioni intracomunitarie”. E’ previsto dal D.L. 78/2010 e il 29 dicembre è stato reso effettivo con una circolare del direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Eccolo, in sintesi: il titolare di partita iva (un libero professionista, ad esempio) che acquista (nb: anche occasionalmente) beni in paesi Ue diversi dal nostro (senza limiti minimi di valore: libri, piccola elettronica, oggetti, roba di consumo) deve, entro il 28 febbraio, chiedere all’Agenzia delle Entrate di essere iscritto nell’apposito registro (“Elenco Vies”) dei soggetti autorizzati alle “operazioni intracomunitarie (sic!). Proprio così, avete letto bene. Per comprare e “scaricare” un auricolare a Londra o un cellulare a Amsterdam mi serve un’autorizzazione. Autorizzazione che non solo l’Agenzia può a sua discrezione negare, ma che, in attesa di risposta, deve in ogni caso intendersi sospesa: in sostanza, tutto quello che mi capitasse di comprare nei 30 giorni di attesa è considerato fiscalmente non detraibile.
Uscendo dal tecnico e andando sul pratico, sapete che vuol dire?
Che il fisco ha intenzione di “schedare” i titolari di partita iva che acquistano all’estero onde poter verificare in qualsiasi momento se quei malvagi si azzardano a detrarre dalle tasse gli importi e a recuperare l’iva relativi alle dette “operazioni”: ad esempio, le batterie di ricambio che acquisto in un supermercato straniero, il cavetto del pc che compro in aeroporto perché ho dimenticato il mio a casa, una valigia per sostituire quella rotta in aereo, libri, tutto. Tutto quello che, insomma, oltre confine mi capita di dover acquistare per svolgere il mio lavoro e su cui chiedo, giustamente, di non pagare le imposte. Mi si dirà: ma sono noccioline. Beh, premesso che con l’aria che tira non sono noccioline e che lavorare è una necessità, trovo assurdo dover pagare le tasse su ciò che mi serve per lavorare. Mica parlo del regalo alla moglie, del giocattolo per il bimbo, della cravatta per me.
Attenzione poi: nemmeno non si parla di oggetti di lusso, roba costosa o altro che furbescamente si potrebbe tentare di spacciare come spesa professionale e che invece è personale. Il sistema non mi piacerebbe lo stesso, ma ci sarebbe almeno una logica.
No, qui ci rientra tutto. In teoria anche un quaderno.
E allora, anche ammettendo che ci sia chi froda al fisco 200 o 300 euro di iva col trucco dell’acquisto all’estero, mi chiedo: il gioco vale la candela? Qual è il costo di creazione e di gestione di questo ’”Elenco vies”? Quanto personale assorbe? Qual è il rapporto costi/benefici? Non sarebbe il caso di dedicare energie e risorse a accertamenti più seri su cose più serie, invece di vessare i pesci piccoli ingrassando i consulenti, facendo impazzire i cittadini, inibendo l’economia, creando infiniti lacci, ostacoli, paure per adempimenti bagatellari e (presunte) evasioni da operetta? Insomma, tutto ciò serve a recuperare risorse o a mantenere la struttura?
Anche perché, reggetevi forte, sotto la lente dei Torquemada del vies ricadranno, senza saperlo, perfino tutti coloro che acquistano su internet. Se infatti, pur avendo un portale “italiano”, il venditore è un’azienda dell’Ue (ad esempio i siti che vendono libri, cd, piccoli elettrodomestici), l’operazione è considerata “intracomunitaria”. Occhio quindi ad acquistare sul web i toner per le stampanti, la cancelleria, il caricabatteria del cellulare, il cordless per l’ufficio e poi, convinti di essere cittadini onesti, a mettere in contabilità la relativa fattura. Se non siete a ciò “autorizzati” Potreste cadere nell’astuta rete tesa dal fisco per setacciare le vostre malefatte e passare guai seri.
Così gli evasori veri avranno meno 007 alle calcagna.