Questa pietosa vicenda dei bonus anticovid chiesti e ottenuti da alcuni parlamentari si presta a molteplici interpretazioni e reprimende.
La prima è lo squallido livello dei distinguo, secondo i quali ci sono mariuoli più meno mariuoli di altri secondo il partito di cui fanno parte.
La seconda è il livello della strumentalizzazione, in funzione e solo in funzione della quale tutto (o nulla, che è lo stesso) viene propalato, argomentato, presentato.
La terza è l’insopportabile moralismo di cui ogni cosa viene ammantata, spesso al solo scopo di decontestualizzarla e quindi di renderla meglio usabile ai fini di cui sopra.
La quarta è che, per gli stessi motivi, si è occhiutissimi se furbi o distratti sono alcuni parlamentari o politici, ma si è orbi o ciechi del tutto se ad accaparrarsi i bonus senza averne diritto sono migliaia di cittadini comuni (e vi assicuro che ce ne sono). Il motivo è chiaro: i cittadini votano e se li pizzichi non votano chi li ha pizzicati.
La quinta (stringo per farla breve, ma ne avrei da dire) e peggiore di tutte è però questa: se si vuole che non ci siano abusi, la prima regola è mettere dei paletti chiari. In altre parole, basta scrivere chiaro e tondo chi e perchè, ad esempio, non ha diritto a certi bonus o a certe prebende. Ne consegue che, se il non avente diritto se le aggiudica, commette un illecito al pari di chi gliele concede, con le conseguenze sanzionatorie del caso. Se invece uno – ricco, povero, stupido, intelligente, furbo o tonto – il diritto a qualcosa ce l’ha, è ridicolo dire che “non avrebbe dovuto” approfittarne. Tra abuso e opportunismo c’è sempre una bella differenza. Non a caso, per gli abusi si paga mentre la scaltrezza è motivo di ammirazione o , al massimo, di disdoro sociale.
Ci vorrebbe molta, ma molta ipocrisia in meno. Ovunque.
