Parliamo del vinsanto, ovviamente. Del quale qualche settimana fa si è celebrata la rituale apertura (con degustazione comparativa) dei caratelli. Un evento sempre emozionante, ma che potrebbe essere l’ultimo: dall’anno prossimo forse saranno i caratelli andare in “tour” nel mondo, per farsi conoscere. Come? Chissà…
Sì, quello nella foto sono io. Ma l’importante è quello che ho nel bicchiere: non un vino normale, ma il terzo dei cinque campioni di vinsanto vecchio di dieci anni prelevati in diretta da altrettanti caratelli e degustati sul posto lo scorso 30 maggio, nella vinsantaia della fattoria Le Capezzine di Avignonesi, a Valiano di Montepulciano. Un produttore storico e una cantina storica per un evento che, sebbene abbia dalla sua anche un velo di frusciante mondanità campagnola, è e rimane soprattutto un’esperienza professionalmente emozionante. E non poco istruttiva per cercare di capire il segreto, l’evoluzione, il potenziale del vino da dessert toscano per antonomasia. Che, invero, tanto da dessert non è mai stato.
Meno che mai – per la sua densità esplosiva e quasi masticabile, la sua viscosità magmatica, i suoi profumi indecifrabili e mutevoli, i sentori fuggevoli di resina, fumo, camino, tamarindo, caramello, fiori appassiti, foglie di sottobosco – lo è poi questo, figlio di una tradizione tanto gloriosa quanto singolare, che nemmeno il recente passaggio di mano dell’azienda (ceduta un paio di anni fa dalla famiglia Falvo alla belga Virginie Saverys) ha per fortuna interrotto o alterato.
Sono mille i caratelli impilati nel basso edificio della vinsantaia: cento per annata. Ci rimangono per dieci anni e non più sei, come in passato, o quattordici, come da antichi manuali. Centoventi mesi, assicurano alle Capezzine, sono il tempo giusto per dare a questo vino il modo di esprimere la massima complessità.
Dunque, cento caratelli per millesimo: cinquantuno di vinsanto e quarantanove di Occhio di Pernice. Tanti se ne riempiono ad aprile con il mosto spremuto dai grappoli di Sangiovese, o meglio di Prugnolo Gentile (per l’Occhio) e di Trebbiano e Malvasia (per il vinsanto), lasciati per sei mesi ad asciugare sui cannicci, nell’appassitoio, e altrettanti se ne svuotano a fine maggio con una liturgia che, come certe messe copte celebrate nella penombra dei monasteri del deserto, riempie l’aere di profumi inebrianti e di un’atmosfera quasi mistica.
Nel caratello i 45 litri di mosto ne incontrano i due della “madre“, una “centenaria autoselezione di lieviti” come è stata definita, per dare il via a un lentissimo processo di trasformazione che, due lustri dopo, avrà fatto volatilizzare il 70% del volume originale, in un alternarsi continuo di caldo e freddo, di stagioni, di correnti, di climi. Ed è proprio questo che rende interessantissima la premiere delle Capezzine: i caratelli prescelti per l’assaggio vengono prelevati da punti diversi della vinsantaia, allo scopo di dimostrare che ognuno fa storia a sè secondo la posizione in cui si trova, l’esposizione, la vicinanza al pavimento o al soffitto, la circolazione dell’aria a cui è soggetto, la vicinanza o meno alle fonti di calore.
Dilungarsi qui sulle marcate differenze organolettiche riscontrate nei campioni assaggiati sarebbe inutile, ma vi posso assicurare che da contenitore a contenitore tutto cambia, perfino il colore.
Nel ciclo di questo arcano si preannunciano però novità.
Novità ineccepibili sotto il profilo dell’immagine e del marketing, meno ineccepibili dal nostro egoistico punto di vista: a partire dal 2012, infatti, Avignonesi annuncia che lo “spettacolo” dell’apertura dei caratelli sarà portato in giro per il mondo in un roadshow destinato a far capire agli appassionati stranieri tutta la magia, il mistero, la tradizione del vinsanto della casa. In cosa e come questo roadshow consisterà ancora non è dato sapere, nè se all’estero andranno solo i campioni o – ipotesi improbabile, credo – gli interi caratelli. Sotto il profilo spettacolare l’idea è certamente vincente.
Beati dunque i fortunati che hanno avuto modo di godersi lo spettacolo qui, in diretta, proprio a metà tra le alture di Montepulciano e di Cortona, nello scenario abbacinante della Val di Chiana alle porte dell’estate. Se lo ricorderanno per un pezzo. In attesa che la tournee finisca.