Conclusa, sotto un cielo azzurrissimo (ciao, meteo), la seconda tappa del pellegrinaggio, il monastero di San Biagio è ora il campo base per l’assalto alla Val Maira. Oggi Donero-Morinesio: 31 km tutti in salita. Tanto per gradire.

Per una volta partiamo dal fondo.
Scrivo queste righe appena dopo l’alba, mentre i campanacci al collo delle mucche che vedo dalla finestra suonano con lentezza in lontananza, come un carillon che sta per fermarsi. Sono sulla soglia dell’anno Mille: il millesimo dell’esistenza del monastero di San Biagio (qui), fondato nel 1014 e oggi presidiato da due suore molto benedettine e molto digitali, come suor Clelia e suor Maria Grazia, che ci ospitano.
Posto decisamente speciale e di cui i pellegrini, pur giunti spossati ieri dopo 27 km di variegato cammino artusiano, hanno immediatamente avvertito il fascino. E così il consueto brindisi a base di champagne per celebrare la fine della seconda tappa del Pellegrinaggio Artusiano 2013 si è svolto nel cortile, sull’erba, in un’atmosfera più raccolta, composta e spirituale del solito. Mentre noi brindavamo, le due religiose diventavano amiche sulla nostra pagina di Facebook. Anche questo, a suo modo, è una sorta di miracolo della modernità.
Fuori, come si diceva una volta, “stormiscono” le foglie del frutteto sperimentale creato qui nel 1997 e gestito dal Comizio Agrario di Mondovì (qui, un altro dei miracoli rurali di questa strana terra cuneese): raccoglie decine di antiche varietà di frutta del comprensorio, altrimenti destinate all’oblio. Il Comizio, con la sua “squadra” di agricoltori-pensionati, non solo lo coltiva a regola d’arte, ma fa dono del raccolto al monastero. Insomma è una sorta di circuito chiuso di solidarietà rurale, che meriterebbe di essere raccontata, magari su questo blog, meglio e più a lungo.
Ieri tappa dura per le gambe e il girovita.
Da San Martino a Clavesana, con prima bevuta alla cantina che generosamente sostiene il nostro viaggio. Poi a Carrù, sotto un sole ventoso che, con nostra sempre maggiore sorpresa (e sollievo), prendeva progressivamente campo. Qui era prevista, al volo, una tazza del tradizionale brodo di bue: non a caso eravamo nel paese del Bue Grasso e della sua festa. La fugace sosta si è subito trasformata in una pappatoria “agevolata” da Giuseppe Cravero nella sua trattoria “Vascello D’Oro” (qui): tutti a tavola con Dogliani nel bicchiere, raviole ntla scuela al brod e vin (cioè ravioli in brodo di bue e vino), robiola di capra di Roccaverano con cugna’ e una tazzinata di ” San Baiun“, zabaione insomma. Appena 5 km percorsi e già qualche milione di calorie in corpo.
Nemmeno il lungo percorso (15 km) verso Crava e la sua oasi naturale è stato immune da sorprese. Sorprese di quelle che, in chi bazzica spesso, per lavoro e gola, i pubblici esercizi, lasciano il segno: tipo fermarsi per un caffè in un laboratorio di pasticceria nel mezzo di un anonimo centro industriale di fondovalle a Magliano Alpi e pagare 9 (nove) ottimi espressi, con una bignè in omaggio, 3 euro e sessanta (3,6 euro). Il posto merita una segnalazione: è il panificio-pasticceria “Il Cortile” (qui).
Sfuggiti per miracolo, lungo i 3 km e mezzo spacciati per 500 metri della Provinciale 422, al bowling dei tir (noi eravamo i birilli), eccoci alle porte dell’Oasi Naturale Lipu di Crava-Morozzo (qui), un’area di 400 ettari ricavata dalla zona umida creatasi artificialmente negli anni ’20 del Novecento, quando nacquero le canalizzazioni per la produzione di energia elettrica.
Gli ultimi 5 km di tappa sono scorsi così tra felci, ruscelli, aironi, piante secolari e il cinguettio degli uccelli.
Gli stessi che ci è parso di udire nell’ultima delle cene artusiane pubbliche che gli amici di Clavesana hanno organizzato ieri sera per noi sotto le volte del monastero e affidato alle mani dello chef Rudy Mamino. Il menu completo è qui e segnalare qualcosa di più buono degli altri è difficile, ma il vitello tonnato senza maionese s’estolleva (oggi sono in vena di arcaismi) non poco.
Bene, ora è il momento di impacchettare il bagaglio: si va in Val Maira e si profilano 31 km di salita da Dronero a Morinesio. Pant, pant.

PS: che c’entrano i papaveri? Nulla, ma erano nella foto ed erano alti. I pellegrini sono quelli piccolini sullo sfondo