Comincia lunedì la settimana di fuoco: le nuove annate di Vernaccia di San Gimignano (14), Chianti Classico (15 e 16), Nobile di Montepulciano (17) e Brunello di Montalcino (18 e 19) all’esame dei giornalisti. Tra attese, polemiche, confronti e una domanda ricorrente: cui prodest?
Si avvicina a grandi passi la settimana delle anteprime dei vini toscani. E l’aria si fa elettrica.
Inutile negarlo: l’evento è di quelli che condensano curiosità e polemiche, rimpatriate e sorprese, ovvietà e novità. Ci si incrocia fra giornalisti, tra produttori, tra pr, si chiacchiera, si mormora, si sussurra, si assaggia, si critica, si spettegola. Insomma c’è un po’ di tutto.
A pensarci bene è buffo chiamare così quest’appuntamento, perché in realtà solo quattro delle grandi denominazioni e/o vini della regione si mettono tradizionalmente in mostra a metà febbraio (le “veterane” Brunello di Montalcino, Chianti Classico e Nobile di Montepulciano, precedute da qualche anno dalla Vernaccia di San Gimignano). Ma questo è ormai il nome convenzionale.
Manifestazioni tipicamente gattopardesche, oltretutto, dove dodici mesi prima si annunciano o almeno si paventano cambiamenti che poi non si verificano mai.
Così come ogni volta si riaccendono le discussioni sulla concreta utilità delle kermesse, da un po’ declinate sul versante del rapporto costi/benefici di manifestazioni che, in effetti, impegnano non poco il personale e le finanze dei consorzi.
Fanno da corollario l’insolubile questione degli imbucati, degli invitati e dei non invitati, dei blogger e dei non blogger e, massime, il cronico problema degli spazi, che (con l’eccezione del Chianti Classico, ormai “padrone” di quell’ambiente perfetto che è la Stazione Leopolda di Firenze) rappresenta in verità un ostacolo non da poco per tutti, quando il numero di vini e di degustatori supera (e in verità supera sempre) una certa soglia numerica.
Tanto per non farsi mancare nulla, nel 2011 è sorta la querelle dei programmi fin troppo “condensati” delle diverse iniziative. Querelle, bisogna ammetterlo, non priva di logica e alla quale anch’io, con molti colleghi, ho dato voce (qui). Da un lato ci sono gli organizzatori che, a Firenze e a Montalcino, hanno di fatto ridotto il tempo disponibile riservato alle degustazioni libere per la stampa. Dall’altro i giornalisti, che invece lamentano proprio la mancanza di tempo per degustare e la necessità di dover scegliere tra assaggi (affrettati) e tanti altri interessanti momenti di discussione. I primi, convinti che debba essere incrementato tanto il contatto diretto produttori-stampa quanto il novero dei dibattiti. I secondi tendenzialmente desiderosi, invece, di dedicarsi al massimo ai vini e lasciare le ore che avanzano (spesso poco o nulla, ammettiamolo) al resto.
Sullo sfondo, le tinte fosche della grande crisi economica che tuttora aleggia sul pianeta e pertanto sull’economia vinicola, le inevitabili guerre di numeri che ne derivano e la scia di qualche scandaletto mai chiarito fino in fondo.
Non c’è dubbio: tutti faremo finta di annoiarci, un po’ ci annoieremo davvero, molto ci daremo di gomito. Con la speranza di trovare vini buoni, annate convincenti, tendenze rassicuranti, produttori disponibili, pr non pedanti, colleghi non petulanti e, soprattutto, non finti. Perché, alla fine dei salmi, forse il vero, grande problema delle anteprime resta questo: fanno più “scena” tanti giornalisti finti o pochi giornalisti “veri”? La risposta possono darla solo gli organizzatori. Contenti loro…