Luci, ombre e prospettive dell’accordo “sperimentale” firmato tra Federazione e Uspi che – tra “collaboratori redazionali”, pubblicisti e cococo – cerca di dare una regolamentazione, e un tariffario, anche ai liberi professionisti. Dei quali però, tra un distinguo e l’altro, alla fine i coinvolti non saranno più di qualche decina. Nella speranza comunque che tutto funzioni e serva da trampolino per l’inserimento dei freelance nel contratto con la Fieg, prima che la categoria muoia di morte naturale.
Come tarantolata, dopo aver visto i buoi (è proprio il caso di dirlo) della libera professione giornalistica prima morire di fame in decenni di indifferenza e poi (i pochi superstiti) scappare dalla stalla, l’FNSI cerca ora di correre ai ripari nell’ormai irreparabile caso dei freelance ergendo qualche cancelletto a chiusura del recinto, incapace com’è di capire che quel bestiame non solo è fuggito, ma che in gran parte è stato anche catturato, macellato, bisteccato, mangiato e digerito (forse perfino già espulso).
Fatta tale sconfortante premessa, va aggiunto che qualche segnale di tardiva resipiscenza la Federazione lo manda. Si tratta però di capire con quali risultati concreti. Non tanto in chiave immediata, quanto in prospettiva.
L’ultimo è lo strombazzatissimo accordo (vedi qui) sottoscritto giorni fa con l’Unione Stampa Periodica Italiana e pomposamente definito da Guido Besana, vicesegretario dell’FNSI, “storico”: con l’Uspi, che rappresenta circa 3000 testate in tutta Italia – dice in sintesi Besana – sono stati stipulati due accordi, uno per il lavoro subordinato dei collaboratori redazionali, una specie di estensione dell’articolo 2, e per i pubblicisti a tempo parziale, un adattamento dell’articolo 36, e il secondo per il lavoro autonomo, con tariffari per i cococo e per i liberi professionisti, scriventi e fotografi. E’ il primo tariffario negoziale che supera il divieto posto da Unione Europea e da Bersani ai tariffari ordinistici. Per il lavoro subordinato è una sorta di contratto di emersione che fa riferimento a figure non riconducibili all’articolo 1 del cnlg.
L’accordo FNSI-USPI, aggiungo io, ha durata annuale e può essere rinnovato tacitamente salvo disdetta di una delle parti entro 4 mesi dalla scadenza. E’ dunque un accordo sperimentale, una sorta di prova insomma, per vedere se la formula funziona e se e come esso possa eventualmente (molto eventualmente, temo) essere esteso ad altri contraenti.
Sul fatto che si tratti di un piccolo un passo avanti, sia chiaro, non c’è dubbio. Ma resta da vedere in quale direzione e in che misura. L’occhio del freelance scorre subito, ovviamente, alle tariffe. Che, lo diciamo esplicitamente, sono basse, a volte bassissime, ma che comunque restano fissate per contratto (quindi in teoria non violabili) e rappresentano in ogni caso (almeno così vogliamo sperare, sebbene nell’accordo non sia specificato) un “minimo garantito” che, il funzione del proprio potere contrattuale, ogni libero professionista potrà poi ottenere di ritoccare al rialzo con l’editore.
Ma non è il nodo del “quanto” il punto principale. Più importante, perchè crea un precedente, è il fatto che i pagamenti vengono fissati a 30 giorni dalla consegna dell’articolo. Questo sarà anche il banco di prova per misurare la buona fede dei committenti e capire in che misura l’editore farà il furbo chiedendo al giornalista “ritocchi” più o meno insignificanti al solo scopo di far slittare la data dell’esborso (scusate la malizia, ma è un film già visto).
Veniamo allora ai punti critici del testo, che per brevità sintetizzo in alcune domande:
1) “scremando” fior da fiore, escludendo cioè i freelance di nome (cococo, pubblicisti “veri”, hobbysti, etc) da quelli di fatto (professionisti o pubblicisti con partita iva che campano del loro lavoro), quanti colleghi saranno alla fine realmente toccati dall’accordo? Considerando che le testate potenzialmente coinvolte sono tremila, ma con molte eccezioni (la più importante: l’accordo non si applica, salvo che ne facciano richiesta, alle testate collegate ad aziende che editano quotidiani o a società editrici di periodici nazionali, a meno che non siano no-profit), credo che il numero finale sia di qualche decina.
2) “scremando” come sopra, ma al contrario, quanti giornalisti saranno invece, per l’entrata in vigore del tariffario, “espulsi” dal sistema nel momento in cui l’emolumento potenzialmente dovuto non sarà dal committente ritenuto adeguato alle capacità del collaboratore?
3) in attesa che la “prova” costituita dall’accordo si concluda, venga poi valutata, eventualmente risottoscritta e quindi presa ad esempio per più ampie categorie di contraenti, il settore del giornalismo libero professionale, già alla canna del gas, saprà resistere o affogherà definitivamente nel miraggio di un tariffario “vero”, contrattualizzato con la FIEG? Cioè di quello che, il pratica, riguarda il 99% dei freelance e che da due turni di rinnovo l’FNSI abilmente dribbla, un po’ per imprevidenza e un po’ per la debolezza che ne consegue al cospetto della controparte?