Per il neoministro Galan la montante protesta degli agricoltori di collina, e dei cerealicoltori in particolare, sarebbe un’occasione imperdibile per dimostrare subito di che “pasta” (appunto…) è fatto. Rassegna a volo d’uccello, senza pretesa di completezza, su ciò che si è letto e detto negli ultimi giorni a proposito di mercati, quotazioni, sostegni comunitari e prospettive del settore. Con una notizia inquietante e qualche ragionamento finale.
Gli inglesi direbbero “random notes”, cioè note sparse. Tra le attività principali del giornalista c’è infatti quella, che forse apparirà strana ai non addetti ai lavori, di leggere i giornali. I giornali scritti dagli altri, ovviamente. Cosa importantissima, invece, perchè consente di sapere cosa si dice in giro e di paragonare i diversi punti di vista.
Forse per caso, forse perchè in questi giorni l’occhio è più attento a certe notizie anzichè ad altre, stamattina mi è capitato così di imbattermi a raffica su articoli e comunicati che parlavano di grano, di cereali, di crisi della cerealicoltura, di pac, di prospettive di crescita, di pasta. Perfino di paglia. Così, mettendo tutto insieme, mi è venuta la voglia di tirare le fila e provare a ragionarci sopra.
Sulla prima pagina di Agrisole di questa settimana compaiono tre note. La prima riporta un’affermazione del commissario europeo all’agricoltura Ciolos, per il quale “la Pac è indispensabile e lo sarà per molto tempo”. Bene, ma se è così forse sarebbe l’ora che agli agricoltori cominciasse a venire offerta qualche certezza in vista del 2013, scadenza alla quale il settore potrebbe giungere (se ci arriva) agonizzante. La seconda riferisce invece che, secondo il servizio studi di Bankitalia, per le aziende agricole l’accesso al credito non è penalizzante. Mah, se lo dicono loro. A me risultava diversamente. Mica forse dipenderà dal fatto che, comunque, molte imprese possono “garantire” i debiti con la Pac (il meccanismo della quale è stato peraltro assai poco compreso dalle banche)? La terza notizia riguarda infine i mercati: grano duro stabile a Foggia tra 15 e 15,5 euro/qle, mentre sulle piazze internazionali la quotazione sta tra i 12,8/qle di Chicago e i 12,7/q.le di Parigi. Ovvero: profondo rosso.
Prima di passare alle pagine interne del settimanale di dà una breve scorsa a internet.
Forse subodorando la maretta, la Cia Toscana diffonde un comunicato stampa, ripreso poi da numerose testate, nel quale in sintesi afferma che la crisi del settore cerealicolo non conosce soste, con prezzi del grano a 13 euro mentre ne servirebbero almeno 30 come “soglia di sopravvivenza” e le aziende stanno chiudendo o dismettendo la produzione. “Predisporre interventi immediati di sostegno alle imprese agricole e a tutela della produzione nazionale”: questo l’appello della Cia Toscana al nuovo ministro e al futuro assessore regionale. Una “vera e propria emergenza” a cui l’organizzazione, giovedì 22/4 a Grosseto, dedica un'”assemblea” (termine scelto certo non casualmente) di operatori, produttori, cooperative, associazioni di prodotto “per definire una serie di proposte da rappresentare al nuovo assessore all’agricoltura e al ministro”, come la creazione di un bando di filiera sul Psr, interventi per contrastare il crollo dei prezzi, la garanzia della tracciabilità del prodotto, forme di controllo della produzione sia comunitaria che extracomunitaria in arrivo negli scali portuali.
Abbastanza curioso che, in questo diffuso clima plumbeo e le forti tensioni che connotano anche la sua base associativa, la Coldiretti se ne esca, quasi in contemporanea, con comunicato intitolato “Agricoltura toscana da oscar”: sono oltre cinquanta – si legge – le realtà agricole della regione in corsa per la conquista del premio per l’innovazione e la creatività in agricoltura, organizzato da Coldiretti Giovani Impresa. La rosa è ampia e, da sola, basta a fotografare l’immagine varia e multifunzionale di un settore dove gli imprenditori si ingegnano per conquistare il mercato e i consumatori. Speriamo allora, diciamo noi, che ci siano buone idee anche per le cerealicoltura, visto che parecchi dei “dissidenti” di questi giorni vengono proprio dall’ex creatura di Arcangelo Lobianco. Il tutto mentre anche “Edagricole mail”, il quindicinale on line di Terra & Vita, ribadisce che il mercato del frumento duro è stabile con tendenza al ribasso, a causa delle vaste e non sempre sane giacenze, della modesta qualità del raccolto 2009, della vasta disponibilità di prodotto estero. Per qualche rialzo dei corsi, conclude la nota, occorrerà attendere gli effetti del recupero del dollaro
sull’euro, che renderebbe meno convenienti le transazioni in moneta Usa. Ancora una volta, aggiungiamo noi, i pochi spiragli vengono dalle oscillazioni valutarie, come ai tempi della liretta.
Ma torniamo ad Agrisole, che a pagina 13, nella sezione “filiera cerealicola”, titola: “L’export di pasta scavalca la crisi”. Cresciute del 2% nel 2009 le vendite all’estero “sostenute anche dai prezzi bassi (-11%) che hanno ridotto i guadagni”. Visto però il prezzo della materia prima, sceso del 30%, forse il giornale avrebbe dovuto parlare di ricavi, anzichè di guadagni, considerato che il valore del fatturato è calato nel 2009 rispetto al 2008 solo del 9,8%. Basta poi girare pagina per scoprire del tutto l’altro lato della medaglia: “Grano, consumi mondiali da record”, grida in settimanale agricolo. Ma anche la produzione: previsto nel 2009/10 un raccolto mondiale di 675 milioni di tonnellate, con una lievissima flessione nel 2010/11 compensata dagli stock ai massimi. Come dire: ampia offerta e prezzi stabili (cioè bassi). La conferma, nella stessa pagina, viene dall’articolo sul record delle importazioni italiane di grano duro: +29,3% in quantità e -17,3% in valore del 2009 sul 2008, “a riflesso del crollo vertiginoso dei prezzi registrato sui mercati internazionali”.
Tutto chiaro? Forse sì. Ma come al solito è tra le righe che si intercettano le notizie più interessanti. “Strano – ci scrive un amico super partes – che il prezzo del grano vada a picco e che, in compenso, non si trovi più la paglia a prezzi decenti”. Già, strano. Strano anche che si parli di 7 euro al quintale per il futuro prezzo della paglia da pellettizzare per le centrali a biomassa. Di solito il prezzo sale quando la domanda è alta e/o la quantità scarseggia: non è che domani la paglia varrà più del grano, visto che, se le cose rimarranno come sono, saranno in molti a cessare di produrlo?