Solo il mito del suo inaccessibile, infrangibile, quasi ostile ritiro eguagliava per notorietà e mistero “Il Giovane Holden”, capolavoro minimalista della letteratura americana del ‘900. Uomo pieno di spigoli come il protagonista del romanzo, Holden Caufeld, Salinger lascia dietro di sè una fama di misantropo che forse non si attaglia del tutto alla vera indole del romanziere newyorkese.
Soundtrack: Dale Hawkins, “Ruby, don’t take your love to town tonight”
Negli ultimi sessant’anni si sono scritti fiumi di inchiostro sulla figura di Jerome David Salinger, progressivamente ritiratosi dalle scene dopo il clamoroso successo del suo “Il giovane Holden” (1951) e da allora rimasto quasi volontariamente prigioniero di se stesso e del suo carattere schivo, enigmatico, ombroso per tutti i successivi decenni, rintanato nella dimora di Cornish, nel New Hampshire. Un vero e proprio assedio letterario, se non mediatico, quello subito in oltre mezzo secolo, dal quale lo scrittore si è sempre difeso accanitamente rifiutandosi dal 1966 di dare alle stampe qualunque nuova opera: “”Non pubblicare mi dà una meravigliosa tranquillità. Mi piace scrivere. Amo scrivere. Ma scrivo solo per me stesso e per mio piacere”, dichiarava quasi beffardamente nel 1974. Innumerevoli le volte in cui nuove opere sono state annunciate, romanzi mai usciti, addirittura un racconto, ceduto a sorpresa a un piccolo editore, già atteso in vendita e scomparso senza lasciare traccia tra le pieghe del mercato letterario.
Celebre un’altra sua frase: “Il desiderio che uno scrittore ha di anonimato-oscurità è la seconda dote più importante che gli sia stata affidata”.
Sono almeno due le generazioni che si sono riconosciute nei disagi, la diversità, l’eccentricità, l’incapacità di omologarsi, la solitudine, l’isolamento di Holden, una storia dichiaratamente venata di tinte autobiografiche, dolente e disincantata al tempo stesso, sospesa tra consapevolezza e rassegnazione davanti all’evidenza di una natura così diversa da quella imposta dagli standard di una certa immagine giovanile.
Si apre forse adesso, con la scomparsa di Salinger, la fase della rilettura della sua figura, la fine delle speculazioni, delle aspettative alimentate dall’industria culturale e forse del mito.
Meglio così. Riposi in pace.