Al museo archeologico di Chianciano, come antipasto dell’Archeofestival d’autunno, una mostra dedicata al primordiale istinto umano di miniaturizzare le proprie dimore, in un viaggio a cavalcioni tra modelli architettonici e navicelle per l’aldilà, strumenti di culto e riti di autoidentificazione.
Forse qualcuno ricorderà un vecchio film degli anni ’60: “Viaggio allucinante”, di William Fleischer. E’ la storia di un’equipe di scienziati che, miniaturizzati con la navicella che li ospita, viene iniettata in un corpo umano per compiere dall’interno una delicata operazione. E la missione diventa un’avventura in cui i rapporti di grandezza si capovolgono, grandissimo contro piccolissimo, anticorpi come dinosauri, globuli bianchi come mostri spaziali, fluidi organici come venti solari. Una sorta di 2001 Odissea nello spazio al contrario. In cui, anziché oltre Giove e verso l’infinito, si naviga alla scoperta delle radici della vita.
Ecco, se spostiamo tutto ciò nella dimensione dell’ultraterreno e proviamo a osservare la cosa da un’ottica metafisica anziché fisica, l’effetto potrà essere quello che si prova visitando “Le Case delle Anime”, mostra inaugurale (e aperta fino al 16 ottobre) dell’Archeofest di Chianciano, il festival dell’Archeologia in calendario nella città termale e in Val di Chiana da 29 settembre al 9 ottobre prossimi.
Un viaggio affascinante, più che allucinante. E anche (ma non è per far rima) abbastanza inquietante, sospeso com’è tra le ombre dell’aldilà e l’inquietudine esistenziale degli umani di ogni epoca e latitudine, all’inseguimento di una continuità antropologica capace di estendersi, inafferrabile, dalla Cina al Mediterraneo, dalla Mesopotamia all’America precolombiana.
Perché basta uscire dalle strettoie dell’istintiva idea “modellistica”, che del resto condizionò gli stessi archeologi fino alla metà dell’800, spingendoli a relegare questi oggetti al rango di semplici curiosità di scavo, per comprendere il concentrato simbolico e la potenza trascendente spesso riposta dagli antichi in quella trentina di oggetti a volte semplici e a volte elaborati, a volte stilizzati e a volte accurati, ora invitanti e ora sinistri allestiti nelle viscere del museo toscano.
Ma perché, fino dall’antichità, gli uomini di ogni civiltà hanno sentito la necessità di costruire case, edifici, torri, villaggi in miniatura? A quale bisogno primordiale rispondeva questa spinta a riprodurre, simbolicamente e non, il luogo materiale della vita terrena per eccellenza, cioè la casa?
Per scoprirlo – spiega Francesco Paolo Campione, direttore del Museo delle Culture di Lugano, l’ente che con il Museo Civico Archeologico di Chianciano e la Fondazione Musei Senesi ha promosso l’esposizione – occorre avvicinarsi all’argomento da una piattaforma multidisciplinare in grado di accostare archeologia, antropologia e architettura.
Se la miniaturizzazione è l’espressione di una delle tendenze più diffuse in ogni cultura, l’idea di creare repliche dell’ambiente domestico attinge infatti a istinti diversi, talvolta sovrapposti. Da quello, più facile da comprendere, di creare un modello da utilizzare come base per una realizzazione architettonica (ma lo stupefacente esempio scelto per la mostra, la maquette tardo-adrianea in marmo bianco di un edificio per spettacoli ritrovato nelle Grandi Terme della Villa Adriana a Tivoli, grazie alle sue enigmatiche proporzioni apre un vasto ventaglio di interpretazioni trasversali sulla sua reale funzione) a quello di luogo d’incontro metafisico tra uomo e dio. Passando attraverso a una scala che va dal tempio “tascabile” per la preghiera del pellegrino in cammino alla dimora per l’anima in viaggio verso l’aldilà, fino alla figura composita del canopo, in cui l’urna è al tempo stesso corpo e casa del defunto.
E’ nel moto armonico di questa ininterrotta congiunzione tra divino e terreno, tra vita e morte, tra il potere esoterico e la consistenza plastica degli oggetti-dimora che la mostra chiancianese ripone la sua capacità di incuriosire, facendo allargare l’ombrello del pensiero al vastissimo bacino geografico e culturale da cui la selezione dei pezzi esposti ha origine. Ma anche invogliando ad approfondire la conoscenza dei tanti siti archeologici che, in silenzio, la circondano nascosti tra la vegetazione delle colline senesi.
Tutte le informazioni su www.verniceprogetti.it.