Maria Probst e Cristian Santandrea tornano in pista all’Osteria della spettacolare fattoria-wine resort dei Rossi di Montelera. Le premesse sono incoraggianti.

 

Le premiere (e soprattutto quelle per la stampa), si sa, non sono mai interamente probanti, ma comunque qualcosa dicono. A volte, involontariamente

L’apertura dell’Osteria di Torre a Cona, nella limonaia dell’omonima villa settecentesca già appartenuta ai Rinuccini ed oggi di proprietà dei Rossi di Montelera, trasformata in Dimora Storica con wine shop con tenuta di 200 ettari intorno, non costituisce quindi, di per sè, un indice di qualità stabile ed assoluta, ma fornisce comunque una serie di spunti interessanti.

Il primo è il ritorno in pista della coppia, ai fornelli e nella vita, Maria Probst-Cristian Santandrea, che, chiusa la gloriosa esperienza della Tenda Rossa approdano qui promettendo una cucina “toscana, solida e verace“. Insomma una festa da salutare coi migliori auspici per chi ha dato molto alla ristorazione toscana degli ultimi decenni.

Il secondo, almeno a giudicare dal pranzo a cui abbiamo partecipato, è che – cosa niente affatto scontata, come può testimoniare chi bazzica gli ambienti enogastroetc – la promessa è mantenuta: in tavola è sceso un menu asciutto, coerente, saporito e azzeccato. Aggettivo, quest’ultimo, molto pop e inusuale nella critica gastronomica, ma che, almeno a modesto parere di chi scrive, rende alla perfezione l’idea di una serie di portate solide (appunto), rassicuranti e niente affatto banali. Un rischio elevatissimo quando si parla di toscanità e soprattutto quando lo si fa negli ambienti falsotipici graditi al turismo di massa o in quello, parallelo, dell’offerta destinata a pubblici di fascia alta ma spesso forestiera.

Ripeto: l’indubbio manico dei due chef dovrà essere rimesso alla prova in ulteriori circostanze, ma certe portate – ad esempio le acciughe grigliate con salsiccia e insalata aromatica o i pici ai semi di finocchio con ragù di maiale toscano al latte – mi sono parse di una perfetta coerenza rispetto alle premesse e quindi prevedo un riassaggio a fini di mio personale godimento.

Va aggiunto che, tra le bevute di accompagnamento, si è distinto per levità, corpo e piacevolezza gastronomica il Badia a Corte Chianti Colli Fiorentini 2016. Il che non guasta.

Mi sono chiesto allora perchè non l’avessi notato alla degustazione di qualche mese fa organizzata dal consorzio. Risposta: non era in assaggio. Il che spiega tutto.