BREAKING NEWS: la corte d’appello di Trento dà ragione a Maurizio Gily nella causa intentatagli da Paolo Tessadri dell’Espresso per le critiche all’articolo-killer pubblicato alla vigilia del Vinitaly 2008. Ma vince il giornalista, non il vino

La notizia è una bella notizia, ma visto il momento in cui arriva è proprio una notizia “breaking“. Dirompente, insomma: Maurizio Gily vince in appello la causa intentatagli da Paolo Tessadri de L’Espresso sulla questione “Velenitaly”.
E ciò accade proprio alla vigilia del Vinitaly 2015, esattamente sette anni dopo che, alla vigilia dell’edizione 2008, il noto settimanale se ne usci con l’altrettanto noto titolo che gettò fango indiscriminato e gratuito su tutto il vino italiano.
Chi volesse ripercorrere la vicenda giornalistica e giudiziaria può guardarsi qui e qui.
Mi limito a dire che la solidarietà a Gily, mia e di Aset (qui e qui), si espressero a suo tempo sia a parole che con un contributo alle spese processuali.
Siamo davvero felici che la storia (salvo rigurgiti in Cassazione) finisca così.
Quello che mi preme adesso è fare invece alcune brevi chiose.
La prima è questa: il caso Tessadri-Gily, con le sue implicazioni extra ed intraprofessionali, sarebbe l’occasione, per l’Ordine dei giornalisti, di riprendere in mano il filo della deontologia e riposizionare la barra del timone su questioni delicate come quelle dei rapporti tra colleghi e sul concetto della “continenza verbale” sia nei medesimi che sui giornali.
La seconda è questa: capisco il giubilo del comparto vinicolo, che fu certamente danneggiato dalle disinvolte accuse di Tessadri (perfino la prima sentenza, chiariva che “… non vi è questione in ordine al fatto che il dott. Gily, nello scrivere [l’articolo critico verso Tessadri, ndr], abbia riportato notizie vere”), ma mondo del vino e stampa di settore non sono la stessa cosa.
La terza, conseguente, è questa: non sono d’accordo sul fatto che, se Maurizio Gily ha vinto, ha vinto il vino italiano. La causa l’ha vinta il giornalista Gily, che non è il rappresentante del vino italiano ma del giornalismo vinicolo. Confondere – o lasciare che si confonda – la stampa di settore con il comparto di cui essa abitualmente si occupa fa pensare che essa, anzichè una controparte critica, ne sia il megafono. E questo non è corretto, nè vero. La credibilità dei giornalisti si misura, credo, anche in questo.
Quindi felicitazioni a Maurizio per la vittoria e tutti al Vinitaly, più leggeri, a fare il nostro lavoro.

Ps: a post pubblicato, correttamente Gily mi fa notare che “all’epoca dei fatti Millevigne era formalmente house organ di Unavini (anche se nei fatti aveva molto poco dello house organ) perció io interpretavo anche un sentimento di categoria. Oggi non è più così perchè Millevigne è una testata indipendente“.  Al che gli rispondo: “Certo Maurizio, ma a maggior ragione: l’indipendenza e l’onestà intellettuale del giornalista devono esserci a prescindere, in virtù della sua qualifica, anche se dirige una house organ“. Quindi vittoria doppia!