Anch’io, secondo Facebook, mi trovavo ieri nella città pakistana dell’attentato suicida, ragion per la quale il popolare social mi chiedeva di “rassicurare” parenti e amici sulla mia salute. W Andreotti.

Sono uno tra quelli che ha ricevuto il famoso messaggio “safety check” – di cui oggi tutti i giornali parlano, per l’allarme che ha creato e per le scuse offerte dalla compagnia – secondo il quale ieri mi sarei trovato nell'”area di Lahore“, teatro della strage di un attentatore suicida che ha fatto 72 morti: il premuroso social si preoccupava pertanto del mio destino e mi esortava a dare notizie di me, ovviamente via FB, per rassicurare parenti e amici. I quali, evidentemente, secondo Facebook per sincerarsi della mia salute non avrebbero di meglio che attaccarsi a Facebook medesimo anzichè, ad esempio, telefonare o affacciarsi alla porta del mio soggiorno.
Apprendo poi dall’Ansa (qui) che secondo l’azienda il messaggio sarebbe partito per “un bug all’algoritmo che regola il servizio in base alla geolocalizzazione dei profili Fb“.
Inquietanti considerazioni sulla privacy e astrusità tecnologiche a parte, mi permetto di dubitare molto di questa versione.
Primo, perchè a me non è arrivato un sms, ma una notifica direttamente.
Secondo, perchè andreottianamente penso male e credo il social avesse solo la necessità di rianimare dal silenzio un po’ di profili che da qualche tempo erano, incluso il mio, parecchio taciturni.
Del resto non mi risulta di aver mai attivato su FB una funzione che lo autorizzasse a lanciare allerte basate sulla mia (presunta) posizione o situazione. Se poi, invece, davvero hanno l’abitudine di attivare per tutti e per default questo “servizio“, anche se non richiesto o autorizzato, peggio ancora: così imparano a farsi troppo i fatti degli altri.
Lì per lì stavo per rispondergli: “Tranquilli, sono ferito, anzi morto, venitemi a prendere in cielo“.
Poi ho pensato che c’era di mezzo una tragedia vera e ho soprasseduto.
Ma mi sembra che per il social la toppa mediatica di oggi sia peggiore del buco digitale di ieri.

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